Sindacati? Meglio senza. Lo pensa – o meglio, lo sottoscrive – la quasi totalità dei lavoratori di un’azienda di Berra, nel basso ferrarese. Un’azienda che pare non soffrire i venti di crisi e che anzi negli ultimi anni si permette anche di assumere personale. E per questi lidi di sindacati per anni non si è vista nemmeno l’ombra. Qualche iscritto c’è. Una quindicina per la Fiom e un paio per la Fim. Ma la stragrande maggioranza delle tute blu e degli impiegati fino ad oggi non sapeva nemmeno cosa fosse un’assemblea sindacale.

Parliamo della Miswaco, ex Mantovani e Vicentini, emanazione di una multinazionale statunitense con sede ad Houston in Texas che si occupa di costruzione di macchinari per la perforazione dei pozzi petroliferi, con un fatturato annuo di miliardi di euro. A Berra la MiSwaco conta un centinaio di dipendenti. Ben pagati, con maggiorazioni salariali a copertura dell’inflazione e altri benefit. La crisi insomma in questo lembo di Delta del Po rimane gentilmente fuori della porta. E così anche i sindacati. Provare per credere. Anzi, firmare per credere. È di questi gironi una petizione sottoscritta dal 97% dei dipendenti, che chiede di non avere rappresentanze unitarie in azienda.

Tutto nasce da un’assemblea convocata a gennaio, dove pare si dovesse discutere di una mancata assegnazione di un premio a tre singole persone. Partono le richieste di avere dei propri delegati e si fanno avanti le prime candidature. Poi, all’improvviso, i candidati si ritirano e parte la corsa a firmare una lettera che chiede a Fiom e Fim di non entrare in azienda. Il clima all’interno è positivo e il rapporto con la proprietà più che costruttivo, questo in sostanza il contenuto della petizione. Mai inviata tra l’altro ai diretti interessati. “Cose mai viste”, sbotta il segretario provinciale dei metalmeccanici della Cgil Mario Nardini, che cerca di interpretare il senso di quella iniziativa: “questa è una operazione contro i lavoratori, non contro il sindacato. Il mio pensiero è che dietro questa operazione ci sia l’azienda. Credo che i lavoratori siano stati condizionati”.

Versione opposta quella che arriva dalla proprietà. “La proposta di formare le rsu era partita da alcuni dipendenti nel quasi completo disinteresse della stragrande maggioranza dei lavoratori – spiega il general manager Renzo Vicentini -. Quando gli altri hanno capito che anche senza il loro voto sarebbero comunque stati rappresentati da una minoranza si sono attivati”. Il motivo? “I nostri dipendenti stanno bene. E quando si sono trovati di fronte al sindacato temevano solo di perderci anziché di guadagnarci”. A fianco della multinazionale si schiera anche Unindustria con l’avvocato Carlo Carnielli. Lui quella lettera l’ha vista. Da venerdì scorso è appoggiata sulla sua scrivania. A conforto della “veridicità e spontaneità dell’iniziativa” c’è anche il “tono delle dichiarazioni rese dai dipendenti. Sulle procedure per le elezioni delle rsu non abbiamo alcun potere di ingerenza. Il nostro compito si limita a mettere a disposizione le bacheche aziendali e i locali per le votazioni. Nulla di più”.

Niente crisi, niente sindacati insomma. Con la speranza che il vento soffi sempre a favore, “visto che quando poi nascono dei problemi anche i lavoratori MiSwaco si rivolgono lo stesso a noi”, allarga le braccia Nardini. Anche l’omologa della Fim, Sandra Rizzo, non vuole fare la Cassandra, ma quanto successo le sembra in ogni caso “un fatto anomalo, se pensiamo a cosa sta succedendo attorno a noi; mi auguro davvero che non siano mai costretti ad aver bisogno del sindacato”.

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