Domenica sarò a Bologna per vedere come andrà il referendum che deciderà cosa fare del finanziamento alle scuole materne private. Sarò sotto la torre degli Asinelli perché Bologna è solo il simbolo di ciò che accade in molti altri comuni d’Italia dove i finanziamenti pubblici, finiscono grazie a convenzioni, nelle mani di scuole paritarie spesso amministrate da enti religiosi.

Ciò che accadrà domenica in Emilia Romagna potrebbe segnare una pagina importante della storia. I bolognesi saranno invitati a rispondere al seguente quesito, inviato con tanto di lettera firmata dal sindaco Virginio Merola, a tutti i residenti (quant’è costata questa operazione all’amministrazione?): “Quale fra le seguenti proposte di riutilizzo delle risorse finanziarie comunali, che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole dell’infanzia paritarie a gestione privata, ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alle scuole dell’infanzia?

  1. utilizzarle per le scuole comunali e statali

  2. utilizzarle per le scuole paritarie private

Stiamo parlando di un milione di euro oltre i 36 milioni destinati alle materne comunali, che viene erogato a 27 scuole private riconosciute dal Comune di Bologna. Va precisato che di queste 27 scuole, 26 sono d’ispirazione religiosa. E qui si spiega il motivo della guerra tra guelfi e ghibellini con il sindaco e Romano Prodi dalla parte di Santa Romana Chiesa.

Un referendum giocato tutto nelle sale riunioni delle parrocchie, da una parte, e sulla piazza dall’altra. Nelle cassette della posta, oltre alla missiva del primo cittadino, i bolognesi si sono trovati volantini come quello della parrocchia della Santissima Trinità che invitava a votare l’opzione B da non confondere con il signor B. Ancora una volta la Chiesa, è entrata a gamba tesa con tanto di benedizione dei parroci, in una questione politica trovandosi a fianco di una parte del Pd, del Pdl, della Lega Nord e dell’Udc.

Un conflitto che ha visto schierarsi big dello spettacolo e intellettuali, mentre la maggior parte delle persone non sa nemmeno per cosa si deve votare: “Spiegami il senso di A e B”, mi diceva in queste ore una giovane mamma laureata.

Uno scontro ideologico con il consueto triste teatrino della politica (Merola contro Vendola con l’ultimo a pretendere le scuse mai arrivate), che ha distolto dal vero problema ovvero quali sono gli obiettivi condivisi dalle scuole private paritarie. Se mio figlio, grazie a questa convenzione, può accedere ad una di queste scuole di stampo religioso, dovrà subire la messa d’inizio anno scolastico? Quali garanzie in più si possono chiedere a questi istituti privati che ricevono contributi pubblici?

I promotori del referendum (comitati di genitori, insegnanti, Fiom, Flc, Sel, Movimento 5 Stelle, Idv, Comunisti Italiani e Rifondazione) sbandierano l’articolo 33 della Costituzione: “Enti privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Un principio sacrosanto che va calato nella realtà italiana dove sotto ogni campanile esistono paritarie sovvenzionate con i soldi pubblici per garantire un più amplio accesso alla scuola ai bambini.

Domenica Bologna ci aiuterà o a voltare pagine o a capire ancora una volta che in Italia dobbiamo fare i conti con una forte presenza della Chiesa. Che piaccia o meno.

 

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