Al cinema in famiglia, quella di Valeria Bruni Tedeschi. Nella cornice, “ironia e autoironia, che sono un modo di sopravvivere al dolore, un antidoto alle miserie della vita”. Unica regista donna in concorso al 66° Festival di Cannes con il suo terzo, applaudito lungometraggio, Un chateau en Italie, Valeria alterna dramma e ironia, abbinando ai toni tragici quelli comici. Dopo E’ più facile per un cammello… e Attrici, è un’altra storia parzialmente autobiografica, che racconta l’inizio dell’amore fra Louise Rossi Levi (Bruni Tedeschi) e il piu’ giovane Nathan (Louis Garrel) nel momento in cui la facoltosa famiglia della donna vive un drammatico declino: suo fratello Ludovic (Filippo Timi) è gravemente malato, la madre (Marisa Borini, la vera madre di Valeria) è costretta a vendere la grande casa di famiglia a Castagneto Po, ovvero il castello in Italia del titolo, realmente appartenuto alla famiglia Bruni Tedeschi.

Nel cast anche Pippo Delbono (un prete) e Silvio Orlando (il sindaco di Castagneto), il film è dedicato a Virginio, il fratello di Valeria e Carla Bruni Tedeschi, scomparso dopo lunga malattia nel 2006 a 46 anni: “Eravamo tutti e tre molto legati, forse caratterialmente era più simile a Carla”. “Ma il cinema – precisa la regista – non è terapia, non si risolvono nevrosi e problemi: è il lavoro la terapia, arrivare stanchi e contenti la sera, mentre il film non è psicanalisi”. 

Sullo schermo, la sua Louise dice di aver smesso di fare l’attrice “per fare spazio alla vita”: “E’ un pensiero che ho avuto – confessa l’attrice – perché stando nel vuoto c’è la vita che arriva: citando il film di Calopresti, e i versi di Dino Campana, “Fabbricare, fabbricare, fabbricare. Preferisco il rumore del mare”. Sulla scelta della sua vera madre, “non ho dovuto convincerla, ha letto la sceneggiatura e non voleva che nessun’altra facesse quella parte”.
Viceversa, nel film non c’è la sorella Carla né una sorella di Louise: “Le è piaciuto molto, è riuscita a vederlo in quanto film, a differenza del mio primo lavoro, ma qui non c’è lei, perché il focus è sul rapporto tra fratello e sorella, sulla scia de Il giardino dei Finzi Contini e Salto nel vuoto: un rapporto esclusivo, quasi incestuoso, che impedisce loro di divenire adulti”. Sulla presenza di Timi: “Ho fatto i provini ed era il più bravo: non assomiglia per niente a mio fratello, ma ha portato grande poesia. E nel rapporto con mia madre ha finito per assomigliargli un po’”.

Un chateau en Italie “bilancia storia d’amore e storia familiare, dando a entrambe lo stesso peso: due storie parallele che talvolta si incrociano”, dice Valeria, confessando di “non sentirlo un film autobiografico, piuttosto intimo e personale: è naturale che parta dalla mia vita, i mondi, le classi sociali, i sogni e le ossessioni che frequento”. 

A differenza di E’ piu’ facile per un cammello… qui, però, “niente sensi di colpa, il mio personaggio è troppo in pericolo: il suo mondo si sgretola, quando un fratello muore non c’è spazio per i sensi di colpa”. Il film arriverà nelle nostre sale in autunno con Teodora, il 3 ottobre uscirà anche in Francia, per ora il concorso di Cannes: “Non sento il peso della responsabilità in quanto unica regista donna, ma per tutta la gente che ci ha lavorato, dagli attori alle maestranze, passando per le mie cosceneggiatrici, Agnès De Sacy e Noémie Lvovsky”.

 

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