“Aberrante”. Il giudice Elpidio José Silva ha più volte utilizzato questa parola per descrivere la gestione di Caja Madrid, la seconda banca più importante della Spagna. Aberrante, ma anche illecito e criminoso. Nelle 12 pagine di ordinanza di carcerazione firmate il 17 maggio nei confronti dell’ex banchiere Miguel Blesa, a capo dell’istituto di credito dal 1997 al 2009, non si usano mezzi termini. Blesa è accusato di aver portato alla rovina la banca iberica.

Incarcerato, privato del passaporto per “pericolo di fuga”, dopo una notte trascorsa dietro le sbarre l’ex banchiere è uscito su cauzione, pagando 2 milioni e mezzo di euro. Oggetto dell’indagine l’acquisizione della City National Bank of Florida nel 2008, operazione costata a Caja Madrid 1,17 miliardi di dollari, un prezzo pari al doppio del suo valore sul mercato. E, secondo gli atti del Consiglio di amministrazione, avvenuta senza alcuna analisi indipendente, come da procedura.

Le parole del magistrato, che accusa Blesa di delitto societario per amministrazione sleale, di appropriazione indebita e possibile concorso in falsificazione di documenti pubblici, sono un macigno. Il cda sapeva già dei problemi che esistevano nei mercati internazionali. Nell’estate 2007 falliva la banca britannica Northern Rock e negli Stati Uniti esplose la crisi legata ai mutui subprime, con il crollo della banca d’affari Bearn Stearns. In Spagna nel 2008 la bolla speculativa sugli immobili stava già scoppiando mentre Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, avvertiva sull’imminente recessione dell’economia americana.

Caja Madrid sapeva di queste difficoltà, scrive il magistrato, perché già nel 2007 aveva cominciato a soffrire problemi di liquidità. Nonostante tutto però, forse per scappare dal mercato spagnolo già in declino, la cassa di risparmio iniziava le trattative di acquisizione dell’istituto di credito di Miami. Da qui l’accusa di “pessimo management bancario” che ha messo a rischio la banca guidata da Blesa nel contesto di una crisi finanziaria, con una perdita di 500 milioni di euro. “La tempesta perfetta non è dipesa dalle situazioni climatiche, ma dalle azioni dirette dell’imputato Miguel Blesa”, conclude il magistrato, nell’ordinanza che ha tutte le probabilità di passare alla storia nella crisi bancaria del Paese.

Blesa, 65 anni, da sempre vicino al Partito Popolare e amico dell’ex premier iberico José Maria Aznar lasciava Caja Madrid nel 2009, quando la banca venne fusa con altre sei casse di risparmio per dare vita a Bankia, l’ente finanziario nazionalizzato dal governo spagnolo nel 2012. Istituto che, poco dopo, è stato salvato con decine di miliardi dagli aiuti concessi dai Paesi dell’Eurozona.

La City National non è stata però l’unica acquisizione fallimentare di Blesa. Nel luglio 2008 Caja Madrid comprava il 40 per cento della banca messicana Su Casita per 90 milioni di euro, che dopo dovette ricapitalizzare finendo per perdere tutto per il default dell’istituto sudamericano. Senza contare poi che, l’anno dopo, quando la crisi e le norme internazionali sulla contabilità stritolavano la banca che registrava già una consistenet carenza di capitale, Blesa autorizzava la massiccia emissione di participaciones preferentespacchetti di azioni combinate ad alto rischio, oggi sotto inchiesta – dal valore di oltre 3 miliardi.

Il giudice Silva ha infine giustificato la decisione della misura cautelare non solo per il rischio di fuga, ma anche per “distruzione di prove”, visto che, tra gli alti elementi, non “si può scartare la possibile connessione” di questa operazione con i crediti concessi all’ex presidente della Confindustria spagnola Gerardo Díaz Ferrán, oggi in carcere per bancarotta fraudolenta.

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