Vuoi vedere che sulla sanità ci fregano con un bell’inciucio su misura?! “Il sistema sanitario italiano è considerato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità uno dei primi al mondo in base ai tre parametri di valutazione complessiva: miglioramento dello stato di salute della popolazione, risposta alle aspettative di salute e di assistenza sanitaria dei cittadini, assicurazione delle cure sanitarie a tutta la popolazione”.

E’ quello che ha detto la ministra Lorenzin al suo primo esordio pubblico ad un congresso di medici. La stranezza è che il brano è stato copiato pari pari ma senza dirlo dal libro verde poi diventato libro bianco ‘La vita buona nella società attiva‘ approvato dal governo Berlusconi il 6 maggio 2009, una proposta che però aveva lo scopo esplicito di silurare la sanità pubblica. Altra stranezza è che il discorso della ministra si rifà direttamente alla tesi fondamentale del “libro bianco” che parla di “utopia di un universalismo assoluto che non fa i conti con la scarsità delle risorse e con la sostenibilità”.
Non è quindi casuale se la ministra distingue “l’universalismo forte” che darebbe “tutto a tutti a prescindere dai bisogni” e “l’universalismo mitigato” che invece dovrebbe dare in modo selettivo “prestazioni necessarie a chi ne ha effettivamente bisogno”. Altra stranezza è che la sua conclusione alla fine, è del tutto sovrapponibile a quella del “libro bianco”, e cioè che “il modello organizzativo e strutturale del Servizio sanitario nazionale va rivisto”.

Probabilmente la ministra pensa a un repechage del “libro bianco” del governo Berlusconi del 2009 e della teoria dell’universalismo selettivo e a trasformare il sistema sanitario nazionale in un “sistema multipilastro”, fondato non più sui diritti ma sulle “ possibilità di spesa dei cittadini” quindi poco pubblico, molte mutue e assicurazioni private.

Vorrei ricordare che il “libro bianco” per la sanità oltre all’universalismo selettivo prevedeva altre due cose molto pericolose: “il federalismo sostenibile responsabile” cioè il poter scaricare la spesa sanitaria interamente sulle Regioni e sui cittadini, e di calcolare le risorse necessarie attraverso “costi standard” che se non rispettati avrebbero obbligato la Regione ad “aumenti della pressione fiscale, nello spostamento di risorse all’interno del bilancio, o in compartecipazioni da parte dei fruitori”. Naturalmente aspetteremo di saperne di più sulle intenzioni della ministra Lorenzin, ma tanto vale la regola delle mani avanti per non cadere indietro: se la proposta fosse il “repechage” del libro bianco del 2009 avremmo a che fare con uno degli attacchi più significativi al diritto alla salute degli ultimi 30 anni.

Mi delude che una giovane ministra, una faccia nuova della politica, si riduca a ripescare la frustra idea liberista della incompatibilità e insostenibilità dell’universalismo con l’economia. E’ davvero un rottame ideologico che neanche più l’economia sostiene perché in realtà è esattamente il contrario. L’universalismo non può essere selettivo perché se lo fosse non sarebbe più universalismo. Trovo antistorico che il governo Berlusconi del 2009 in tema di sanità decida l’agenda del governo Letta nel 2013 e drammatico che si risponda ad un grande bisogno di cambiamento espresso dalla nostra società ripescando un frustro e vieto liberismo. La gente non ha gli occhi per piangere a milioni abbandonano le cure e togliere loro la sanità pubblica mi sembra criminale.

Per di più sono molto colpito e preoccupato da una inquietante coincidenza: pochi giorni dopo l’approvazione del libro bianco sulla sanità da parte del governo Berlusconi il presidente Letta in una relazione fatta come responsabile del Welfare al Pd (La sanità che vogliamo 14 maggio 2009) , sul libro bianco esprimeva il proprio apprezzamento :” il governo Berlusconi, almeno in campo sanitario, ha già reso esplicita la sua scelta nel libro verde … e sta operando con misure coerenti”. Infine una chicca storica che riguarda niente meno che il mentore del presidente Letta, il compianto ministro del tesoro Andreatta, che il 4 ottobre del 1980, sulla sanità pubblica poco dopo la nascita del sistema sanitario nazionale dichiarò “o cambiamo il sistema o il sistema cambierà noi, cioè ci porterà fuori dalla democrazia”.

 

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