Tempi duri per i blogger,  per chi commenta sui social  network proteggendosi dietro l’anonimato, e  più in generale per chi ha un sito internet aperto ai commenti. Questa volta a decidere che il blogger (e gestore di un gruppo Facebook) è responsabile è il Tribunale di Roma, IX sezione penale, Dott.ssa Laura Fortuni.

Il Giudice, dopo che il sito era stato oscurato preventivamente in sede di indagini preliminari, ha condannato a nove mesi di reclusione un blogger che forniva informazioni sul degrado urbano della città di Roma, ospitando molti commenti di utenti che si lamentavano dello stesso degrado. Il blog riceveva anche informazioni su azioni di resistenza civile diretti contro la piaga delle affissioni abusive, ai quali il titolare del blog era del tutto estraneo .

Diversamente dai casi sinora conosciuti però il blogger non è stato condannato per diffamazione, ma per istigazione a delinquere ed apologia di reato nei confronti di una azienda romana che gestiva il business delle affissioni, ritenute, a parere del titolare del sito, abusive.

Il Pubblico Ministero procedente ha ottenuto la condanna sia per il  blog che per la gestione del correlato gruppo su Facebook. Il punto nodale della vicenda è costituto proprio dalla responsabilità del blogger (o del gestore della pagina Facebook)  per i commenti postati da terzi, rimasti anonimi, e, per la prima volta, a quanto se ne sa, per contenuti postati in altri siti, da soggetti anonimi,  e ripresi sullo stesso sito.

Afferma il Giudice nelle motivazioni della sentenza “Pacifica essendo la responsabilità esclusiva in capo all’imputato per la gestione del blog (…) e dunque anche per il contenuto dei messaggi in esso pubblicati, è indifferente che si tratti di contenuti riferibili direttamente al T.  o ricevuti da altri utenti, essendo stato comunque il primo a curarne l’inserimento e la conseguente divulgazione al pubblico.

L’affermazione del T. di non controllare il contenuto dei messaggi ricevuti prima di pubblicarli è priva di rilievo ai fini che qui interessano, sia perché formulata in termini assolutamente generici, sia perché la qualità dei contenuti di analogo tenore pubblicati sul blog nel corso del tempo è tale da rendere inverosimile che l’imputato potesse averne ignorato o male interpretato il contenuto”.

La sentenza apre alla strada alla perseguibilità dei titolari di blog (o della pagina sui social network), non solo per le più classiche fattispecie della diffamazione, ma anche per ipotesi nella quale la manifestazione del diritto di critica ritenuta “violenta”, oltretutto compiuta da terzi rimasti anonimi, possa portare ad una responsabilità del blogger, per istigazione a delinquere ed apologia di reato .

La semplice apertura di un blog (o di una pagina Facebook) potrebbe essere a rischio, dovendo il titolare dell’account sul social network prestare molta attenzione a ciò che scrivono i commentatori della propria pagina, pena la denuncia per istigazione a delinquere.

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