E’ passato il tempo in cui Stet e Telecom con un solo respiro condizionavano economia e politica. Governata da boiardi più potenti di ministri era un impero economico, una multinazionale su cui non tramontava mai il sole.
 
La privatizzazione, ma soprattutto le due scalate a debito dei capitani coraggiosi made in Lombardia hanno portato l’azienda, un tempo al centro dell’economia nazionale, a vivere pericolosamente tra debiti e mancanza di strategia. E’ certamente un bene che quel  tipo di potere non esista più. Resta però il ricordo triste di un’azienda dal grande valore tecnologico. Tutto è stato buttato alle ortiche per interessi speculativi.
 
La finanza ha preso il sopravvento, anche nell’azionariato di controllo, e la missione industriale non ha più interessato nessuno. I piccoli azionisti che in massa avevano creduto nella privatizzazione non hanno contato nulla. Tecnici di valore e strutture di ricerca sono stati messi da parte. E alla fine anche alcuni asset che tenevano su l’azienda come la telefonia mobile o le partecipazioni in sud America sono andati in crisi. Già 35.000 dipendenti hanno un contratto di solidarietà e per altri si prepara nella migliore delle ipotesi un esodo.
 
Degli antichi splendori resta poco e il povero Bernabé deve faticare per non rendere ancora più fosco il quadro. Se ciò non bastasse due vicende in questi giorni si sono aggiunte e sovrapposte. La prima riguarda la separazione della rete con possibile ingresso dei cinesi proprietari di H3G o della Cassa depositi e prestiti.
 
La seconda, la multa plurimilionaria affibbiata a Telecom dall’Antitrust. Sulla separazione si è detto molto in passato. Oggi che la cosa sembra sul punto di essere conclusa, nebbia totale. Eppure si tratta di un’infrastruttura strategica per il paese, su cui passano le nostre conversazioni, internet e le comunicazioni tra il nord e il sud del Mediterraneo. La politica latita o forse se ne occupa secondo i riti delle solite conventicole. Altro che sviluppo digitale!
 
Quanto alla multa Antitrust, alcune considerazioni possono essere fatte. Telecom avrebbe fatto bene, tempo fa, a correggere i vizi contestati. Per anni mi sono sgolato inutilmente sui temi della qualità del servizio e della poca concorrenza sulla rete fissa. La stessa Open Acess, cioè la struttura di separazione amministrativa della rete voluta da Agcom, avrebbe dovuto essere più incisiva. Dunque, chi è causa del suo mal pianga se stesso. Detto questo, va tuttavia rilevato che il procedimento che nei giorni scorsi si è concluso parte addirittura nel 2010. Perché tanto tempo e perché si conclude a poche ore dalla decisione sui destini della rete Telecom? Forse si tratta solo di una coincidenza, ma tant’è.
 
L’altra questione che certamente non un caso: gli interventi in materia di concorrenza nel nostro paese ci sono stati in tutti i campi tranne in uno: la televisione. Della clamorosa concentrazione di risorse tecniche ed economiche, dopo la Presidenza Tesauro, in Antitrust non si é accorto nessuno. Anzi alla principale azienda di settore è stato consentito negli ultimi anni di acquisire reti, impianti e risorse mediante specifici atti di autorizzazione che la legge sulla concorrenza impone nel caso si tratti di operatori economici con una rilevante forza di mercato. Ed allora, viva la concorrenza a patto che la regola valga per tutti. 
P.S. Dimenticavo, c’è il governo della pacificazione, e di giustizia e televisione è meglio non parlare!
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