La Formula Uno avanza decisa verso est, dove trova nuovi e fiorenti mercati. Oltre a manodopera a basso costo e governi desiderosi di affermarsi sulla scena mondiale con la vetrina televisiva delle corse automobilistiche. Con il via libera delle autorità preposte, e il sigillo governativo che dovrebbe arrivare entro le prossime settimane, la Thailandia ha ufficializzato la settimana scorsa la nascita del Gran Premio di Bangkok. La prima corsa si disputerà nel 2015, quando la capitale diventerà il settimo circuito asiatico (oltre Cina, Singapore, Malesia, Corea del Sud, India e Abu Dhabi) sulle venti corse totali in calendario. Una rivoluzione copernicana, se si considera che solo dieci anni fa, su 18 appuntamenti in calendario, ben 10 erano in Europa. Ma il vecchio continente oggi non riesce a tenere il passo delle nuove economie, e piano piano sono spariti circuiti storici come Imola, Magny Cours o il classico Gran Premio d’Europa, a favore delle nuove meraviglie esotiche.

Se infatti la Formula One Group di Ecclestone, che detiene i diritti sportivi e commerciali del circus, concede ancora a Montecarlo di pagare la modica cifra di 5 milioni l’anno per potere ospitare la gara, per la caratteristica cornice di opulenza che il Principato offre, dagli altri pretende di più. E le città europee, pur avendo la pista già pronta, si sono rese conto di non poter competere con i 60 milioni che versa ogni anno Shangai, e neppure con i 40 milioni che pagano India e il Bahrain. Cifra che invece può permettersi Bangkok, per vedere sfrecciare i bolidi della Formula Uno su un circuito cittadino della lunghezza di 5,995 Km, che correrà lungo il fiume Chao Phraya e poi si dispiegherà nelle strade della capitale a lambire vari monumenti storici. La gara si disputerà di notte, e promette di essere televisivamente spettacolare. Altro discorso i danni che può arrecare a una città di 12 milioni di abitanti già soffocata dal traffico.

Il budget thailandese per il circuito è di 314 milioni di dollari, ma è destinato a salire, come ha confermato Watchara Kannikar, portavoce del ministero per lo Sport e il Turismo. Questi costi saranno messi per il 60% dal governo locale, e il restante 40% delle sponsorizzazioni private. Nel caso del governo, stabilizzato dopo il colpo di stato del 2006 e la crisi del 2011, si tratta di un’economia in continua crescita, soprattutto grazie al turismo. Per quanto riguarda gli sponsor, la voce del padrone la fa la famiglia Yoovidhya: in pratica l’azionista di maggioranza della Red Bull che a sua volta detiene la pluridecorata scuderia Red Bull Racing Team tre volte campione con Vettel. E per chiudere il cerchio, il giovane erede Chalerm Yoovidhya è comproprietario anche della Cavallino Motors, azienda che importa le Ferrari nel paese.

Ma non c’è solo la Thailandia. Dal 2004 in calendario sono entrati il Bahrain, paradigma del nuovo corso, poi Singapore, Abu Dhabi, Corea e India. E altri sono da venire. Per il 2014 dovrebbe essere pronto anche il Gp del New Jersey, da corrersi lungo il fiume Hudson con lo skyline di Manhattan sullo sfondo. Una gara che si alternerà con l’altro circuito americano, quello del Texas, attivo dal 2012. Poi, terminati i Giochi Invernali di Sochi 2014, anche la cittadina del Mar Nero si appresta a ospitare una tappa del circuito. A finanziare l’operazione con oltre 200 milioni solo per la costruzione del circuito, saranno i forzieri delle compagnie statali: tra tutte la Rosneft, che si occupa di estrazione e raffinazione del greggio. Sempre in dubbio invece il nuovo circuito di Mantarraya, in Messico. Il progetto iniziale è fermo, ma il boss della Formula Uno Ecclestone ha ribadito che al Messico, non appena sarà pronto, sarà concessa una prelazione sul calendario. Dal Medio ed Estremo Oriente alle Americhe, attraverso la Russia. La Formula Uno corre dove ci sono i soldi, fuori dall’Europa.

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