È ancora vivo nella memoria il ricordo dell’operazione di “difesa dell’italianità” di Alitalia. Talmente vivo che qualcuno in Parlamento vuole vederci chiaro. L’operazione messa in atto dal governo Berlusconi, sotto la regia imprenditoriale di Roberto Colaninno e quella finanziaria dell’allora ad di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, avrebbe dovuto far rinascere la compagnia aerea nazionale. E, invece, ha inanellato negli anni cospicue perdite. L’ultima delle quali, per il 2012, dovrebbe attestarsi attorno a 200 milioni.

Una misura colma al punto che lunedì 6 maggio è stata depositata alla Camera una proposta, a firma di Sergio Boccadutri, parlamentare di Sel, per l’istituzione di una Commissione di inchiesta su un “affare” che portò, come scrive Boccadutri, ad “una sostanziale socializzazione delle perdite […], con uno spropositato arricchimento di gruppi industriali e finanziari” (leggi qui il documento).

La Commissione di inchiesta, se nascerà, avrà compiti precisi. Come quello di chiarire i termini dei coinvolgimento di una serie di consulenti, Intesa Sanpaolo in testa. Perché, come riportato nelle premesse della proposta, andrebbe fatta luce su “il fascio di interessi che il gruppo aveva o ha attualmente con gli altri soggetti politici ed economici attori nella cessione”. La Commissione dovrebbe poi appurare il ruolo svolto da Banca Leonardo – nominata come consulente nella quantificazione del valore degli asset ceduti da Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.a. alla Compagnia Aerea Italiana S.p.a. – verificandone pure la composizione sociale. Visto che, si legge nel testo del progetto, “come dichiarato dal Commissario Straordinario Fantozzi, alcuni soci CAI – in particolare Ligresti e Benetton – risultano soci anche di Banca Leonardo”.

Ulteriore missione della Commissione sarebbe quella di verificare “il valore dei beni effettivamente ceduti da Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.a. alla Compagnia Aerea Italiana S.p.a.”. Ciò in virtù del fatto che taluni osservatori valutano gli stessi in circa 1,8 miliardi di euro, a fronte del prezzo pagato pari a 1,052 miliardi. Senza considerare che permane il dubbio, che la Commissione dovrebbe dissipare, per cui la valutazione del valore degli slot potrebbe essere stata probabilmente sottostimata.

Naturalmente non può sfuggire che la difesa dell’italianità di Alitalia è costata alle casse statali parecchie centinaia di milioni di euro. Anche su tale aspetto, il progetto istitutivo di una Commissione di inchiesta prevede che debba essere valutato “il reale costo sostenuto dallo Stato in seguito alla messa in liquidazione di Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.a. e la successiva cessione degli asset alla Compagnia Aerea Italiana S.p.a.”.

Perché appare chiaro come il prestito ponte di 300 milioni di euro, così come messo in luce dallo stesso Commissario Fantozzi, difficilmente verrà restituito all’erario. E che a tale cifra occorre inoltre sommare il costo dell’acquisto da parte del ministero dell’Economia delle azioni o obbligazioni emesse da Alitalia – Linee Aeree S.p.a., pagate al 75 % del valore nominale, nonché il costo derivante dal ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali. A tale proposito va detto che taluni analisti avrebbero stimato in circa 8 miliardi di euro il costo totale dell’operazione.

La messa in liquidazione di Alitalia e la contestuale costituzione della nuova azienda di Colaninno e soci ha poi avuto un impatto occupazionale non indifferente, con la sparizione di 7.600 posti di lavoro. Anche su tale aspetto la Commissione di inchiesta proposta da Sel, se verrà fatta nascere, chiarirà cosa è accaduto. E soprattutto se siano state messe in campo tutte le azioni necessarie ad evitare la drammatica emorragia verificatesi.

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