Un altro Ambrosoli è stato abbandonato da chi invece si era impegnato a sostenerlo. Da Giorgio a Umberto. Per questo ieri sera ho voluto rivedere Un eroe borghese. In dvd, ovviamente. La nostra tv è talmente presa a celebrare la morte di Andreotti da essersi dimenticata la vita. Ieri a me interessava rinfrescarmi la memoria su chi era ed è stato Giorgio Ambrosoli.

Se ce ne fossero stati di più di uomini che servivano lo Stato invece di sfruttarlo sicuramente Andreotti non sarebbe rimasto cosi tanto al potere. Se ci fossero stati più Ambrosoli capaci di non piegarsi alle promozioni comode per chiudere due occhi, di non ricevere soldi per monetizzare la dignità, di non piegare la testa davanti al potere che si autolegittima nella convinzione di poter pilotare tutto e, in Italia, purtroppo tutti. Lui no. Lui e pochi altri (il generale Dalla Chiesa, un altro esempio) hanno preferito rispettare la propria dignità.

Non tutto è perduto, si dice, quando la memoria rimane viva. Ma serve anche che quella memoria qualcuno la ravvivi con frequenza fino a diventarne esempio vivente, facendone propri i valori. Rettitudine e coerenza sono termini ormai desueti. Ma ci si aspetta che non lo siano per la presunta parte buona del Paese e quindi degli esponenti politici che pretendono di rappresentare gli elettori. Soprattutto la parte politica che sulla storia degli “eroi borghesi” ha tentato di vincere le elezioni, conquistare voti e potere.

Umberto Ambrosoli invece ieri è stato lasciato solo. Il figlio di Giorgio è uscito dall’aula della Regione Lombardia che celebrava Andreotti con un minuto di silenzio. Avvocato come il padre, pochi mesi fa ha ceduto per dovere civico più che altro, alle insistenze del Pd per sfidare Roberto Maroni al Pirellone. Alla fredda conta dei voti lo sconfitto è stato il Pd, che ha trascinato anche Ambrosoli sotto il 50 per cento. E ieri ha perso di nuovo, Una sconfitta molto più grave, sul piano umano e personale, che rende chiaro il livello di questa classe politica: non c’è stato un consigliere uno ad aver lasciato l’aula insieme a Umberto Ambrosoli. Non uno è uscito non dico a scusarsi, ma solo a dimostrargli che nelle istituzioni, prima ancora nel partito che ne ha sfruttato volto intelligenza e storia, non è solo. E invece, anche ieri, un altro Ambrosoli è stato abbandonato dalle istituzioni, da chi avrebbe invece sostenerlo.

Ps: Il fatto che Roberto Maroni abbia definito la scelta di Umberto Ambrosoli un “gesto poco elegante” è sufficiente a rendere l’idea della statura umana e morale dell’ex ministro dell’Interno, anche lui dunque dovrebbe essere un uomo dello Stato, senza bisogno di essere commentato. Ma certo è lo stesso che negava l’esistenza della mafia al Nord mentre diceva di combatterla. Andreottianamente.

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