Un rimpasto di governo che accentra ulteriormente il potere dei Fratelli Musulmani e cambia gli interlocutori chiave con il Fondo Monetario Internazionale. Le nuove nomine del presidente islamista Mohammed Morsi includono 9 ministri che avranno deleghe a giustizia, energia, finanza, rapporti parlamentari, cultura e pianificazione economica. E proprio quest’ultimo ministero sarà occupato da Amr Darrag, capo delle relazioni internazionali del partito islamista Giustizia e Libertà ed ex segretario dell’assemblea che lo scorso anno ha stilato la tanto discussa e contestata costituzione, la prima del dopo rivoluzione. Un uomo di partito che sostituisce Ashraf El Erabi, esperto di economia islamica. “La nomina di Darrag è uno dei punti più importanti di questo rimpasto – spiega Rawya Rageh, giornalista di Al Jazeera International – è un chiaro segnale che i Fratelli Musulmani vogliono giocare un ruolo di prima persona nel programma di ristrutturazione economica del paese”.

Il prestito del Fondo Monetario Internazionale che ammonta a 4,8 miliardi di dollari, secondo molti analisti, continua a essere l’unica ancora di salvezza per le casse dello Stato egiziano che negli ultimi due anni dopo la rivoluzione ha visto ridurre di due terzi le sue riserve di moneta straniera causata dalla crisi degli investimenti internazionali. La liquidazione del prestito è, però, legata a un cambio delle politiche economiche del paese, in primis la necessità di ridurre i sussidi per energia e pane che costituiscono una spesa insostenibile nel bilancio di governo ma che allo stesso tempo sono uno strumento fondamentale per calmierare i prezzi dei generi di prima necessità. Inoltre, il nuovo piano economico non è stato ancora approvato dal Parlamento e ciò continua a rendere vani i colloqui con il Fondo Monetario Internazionale. Una situazione che, secondo molti esperti, potrebbe portare presto a un grave collasso economico. “Il prestito è fondamentale perché lo stato è in una situazione di emergenza economica e non c’è alternativa – dice a IlFatto.it Hany Genena, analista della Pharon Holding – i programmi economici di stampo islamico come quello di El Nahda, proposto da Morsi in campagna elettorale, sono in questo momento irrealizzabili perché non c’è liquidità”.

Intanto, l’opposizione egiziana critica aspramente il nuovo rimpasto. Secondo il Fronte di Salvezza, la coalizione che racchiude i più grandi partiti secolari, le nuove nomine sono l’ennesimo tentativo riuscito del presidente Morsi di accentrare il potere nelle mani del suo partito. La richiesta del Fronte di avere un governo tecnico è stata ignorata e il numero dei tecnici che erano presenti nel precedente gabinetto si è drasticamente ridotto. Altro punto fortemente contestato all’opposizione, e già anticipato nelle scorse settimane, è il rinnovo della fiducia al primo ministro Hisham Qandil e al Ministro dell’Interno Mohammed Ibrahim, ritenuti responsabili delle violenze perpetuate nelle manifestazioni che tragicamente hanno accompagnato il mandato di questo governo.

“Con le nuove nomine non abbiamo niente da festeggiare – scrive nel suo editoriale Rana Allam, giornalista del Daily News Egypt – Morsi ha ignorato le richieste fatte non solo dall’opposizione ma anche dalla comunità internazionale di formare un governo tecnico. Per decidere le cariche sono stati consultati solo i partiti di ispirazione islamica”. Così l’Egitto resta diviso tra un presidente avviato sempre di più alla totalizzazione delle cariche istituzionali e un’opposizione indebolita ed esclusa dal dialogo politico.

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