E’ trascorso un anno: era il 5 maggio 2012 e François Hollande veniva eletto presidente di Francia. Tra sventolii di bandiere rosse e subitanei entusiasmi. E’ trascorso un anno ma sembra scivolata via un’epoca. Le “président normal”, come si autodefiniva in contrapposizione agli eccessi del sarkozysmo, è diventato “Monsieur Faible“, il Signor Debole, etichetta affibbiata dai giornali parigini. Appena il 24% dei suoi connazionali continua ad appoggiarlo, record minimo per un presidente francese alla fine del primo anno di mandato. Cosa è successo? Com’è potuto accadere? 

L’illusione di una politica europea della crescita – Al di là di quello che Hollande ha fatto (perché, lo vedremo, in realtà sta mantenendo tante delle promesse, una lunga lista, 60 in tutto, fatte durante la campagna) e al di là dei limiti oggettivi alle sue aspirazioni (la crisi economica colpisce inevitabilmente anche la Francia), per il momento la sua grande sconfitta agli occhi degli elettori (e di tanti osservatori internazionali) è non aver trovato una risposta efficace, innovativa e “di sinistra” alla crisi. Hollande è stato il primo ad aver richiamato, arrivando al potere, l’attenzione sulla necessità di promuovere una politica di crescita a livello europeo, che andasse oltre l’austerità prima di tutto, voluta dalla Merkel. Ma alle parole non sono seguiti i fatti. Non è riuscito a far passare un bilancio europeo (quello per il 2014-2020) all’altezza della situazione (anzi, per la prima volta nella storia dell’Europa unita, registrerà una flessione rispetto al precedente). Ha solo elemosinato a Bruxelles un rinvio di due anni per il raggiungimento dell’obiettivo del 3% del deficit pubblico sul Pil per il proprio Paese, per il momento ampiamente superato (da questo punto di vista la Francia è messa molto peggio dell’Italia), ma non è riuscito a promuovere un cambiamento di quella politica dei parametri di Maastricht che attanaglia tutta l’Europa, tranne la Germania. Non è andato oltre…

La sintesi dell’impasse di tutta la sinistra europea – Da un certo punto di vista i problemi di Hollande sono quelli di tutta la sinistra tradizionale europea. Sì, di uno schieramento politico che, per superare la crisi economica, è rimasta ostaggio della ricetta keynesiana di aumento della spesa pubblica. Ma in un contesto nel quale si agisce nei limiti stretti di bilancio imposti dall’Europa e dall’euro, quella politica è irrealizzabile. Si finisce per navigare confusamente sul filo di una serie di contraddizioni, delle quali in un anno Hollande ha fornito una serie di esempi. Come quando, poco dopo il suo arrivo all’Eliseo, annullò uno degli ultimi provvedimenti adottati da Nicolas Sarkozy, quello sull’Iva sociale, che doveva portare alla riduzione dei contributi sociali per le imprese mediante l’aumento dell’Iva (facendo pagare tutti i cittadini). Per poi, comunque, più tardi varare un pacchetto di crediti d’imposta sempre a vantaggio degli industriali di 20 miliardi di euro, finanziati dai contriuenti, all’incirca la stessa cifra che sarebbe arrivata loro con l’Iva sociale. 

Quanto è stato fatto davvero – La debolezza di “Monsieur Faible” a livello europeo e della politica generale fa dimenticare quanto Hollande abbia concretamente realizzato della sua lista di 60 promesse di campagna elettorale. Cioè, molto o comunque abbastanza in un anno. Matrimonio e adozione per i gay? Fatto. Taglio del 30% allo stipendio del presidente e dei minstri? Fatto. Aveva promesso di tornare a valorizzare la scuola publica. E in effetti sta assumendo a man bassa nuovi docenti (già 6.700 l’anno scorso e oltre 10mila dall’inzio del 2013 a oggi). Ha creato una banca pubblica d’investimento (Bpi) per aiutare le piccole e medie imprese, con una dotazione di 40 miliardi di euro. Ed è stata approvata la legge sui “contrats de génération”, nuovi contratti lavorativi sovvenzionati che facilitano l’ingresso dei giovani nelle imprese e il mantenimento dei senior impiegati (e a rischio di disoccupazione). A livello fiscale, diciamo che ha aumentato le tasse per nove francesi su dieci, scontentando un po’ tutti. Ma la giustizia sociale è migliorata, perché il peso dell’imposizione si è riversato soprattutto sui più abbienti. Anche se non è riuscito a introdurre la “famosa” aliquota del 75% sui super-ricchi, suo cavallo di battaglia durante la campagna. Quella promessa sarebbe stata determinante per vincere contro Sarkozy ma la Corte costituzionale ha bocciato la novità. In tanti dicono che Hollande e i suoi lo sapessero fin dagli inizi che quella riforma fosse irrealizzabile. Ma qualche bugia può rivelarsi necessaria per vincere un’elezione. 

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