Giuseppe Orsi torna in libertà. L’ex presidente e amministratore delegato di Finmeccanica ha lasciato il carcere di Busto Arsizio in cui era detenuto dal 12 febbraio scorso in quanto sono scaduti i termini di custodia cautelare. E saràprocessato con giudizio immediato dal 19 giugno prossimo, dopo la richiesta di processo del pm Eugenio Fusco, per le ipotizzate tangenti pagate a pubblici ufficiali indiani per l’aggiudicazione della fornitura di 12 elicotteri Agusta. Il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto che sussistesse il pericolo di inquinamento delle prove, ma non più quello di reiterazione del reato perché Orsi aveva lasciao tutte le cariche subito dopo l’arresto. La Procura aveva dato parere favorevole alla scarcerazione.

Orsi ha lasciato il carcere a bordo di un’auto senza rilasciare dichiarazioni. ”Sono stati tre mesi di grande sofferenza, ma vissuti col conforto di numerose persone che gli hanno testimoniato la loro solidarietà e gli hanno riconosciuto il suo valore di manager”, ha commentato il suo legale, Ennio Amodio, dopo che l’ex ad di Finmeccanica. Torna in libertà anche l‘amministratore delegato di Agusta Westland, Bruno Spagnolini, che si trovava ai domiciliari sempre dal 12 febbraio.

Secondo l’accusa, per ottenere l’appalto sarebbero state versate tangenti per 51 milioni a funzionari pubblici indiani attraverso la mediazione di Guido Ralph Haschke e Claudio Gerosa, anch’essi destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare non eseguita perché i due sono cittadini svizzeri e nei loro confronti è in corso la procedura di estradizione. A carico di Orsi oltre agli elementi alla base dell’ordinanza di custodia cautelare, come le dichiarazioni di Haschke, vi sarebbero indizi anche quelli acquisiti nelle perquisizioni seguite agli arresti. Lo stesso Haschke aveva riferito di aver saputo legami molto forti tra Orsi e la Lega Nord e in particolare dell’ex ministero dell’Interno Roberto Maroni.

“Ottanta giorni di carcere sono una sofferenza infinita per chi sta dietro le sbarre. E ora che l’ingegner Orsi torna in libertà, l’opinione pubblica internazionale, che ha seguito con il fiato sospeso le indagini della Procura di Busto – ha continuato Amodio -, si chiede se era proprio necessario tenere così a lungo in custodia cautelare l’ex presidente di Finmeccanica ora che la richiesta di giudizio immediato cristallizza accuse del tutto identiche a quelle contestate sei mesi fa e ci si accorge che il processo ha perso molti importanti pezzi”.

Secondo il legale “mancano infatti, nel quadro degli addebiti, tutti i personaggi chiave della vicenda: dai grandi accusatori svizzeri Haschke e Gerosa ai vari esponenti del mondo indiano che sarebbero intervenuti nella gara relativa alla fornitura dei dodici elicotteri. Sembra quasi che la corruzione internazionale ipotizzata dai pm abbia subito una mutazione genetica per rimanere racchiusa nel recinto delle mura italiane”. E così “si conferma così il vizio di un processo che ha le sue poco nobili origini nelle dichiarazioni interessate di Lorenzo Borgogni e di altri manager che hanno inteso colpire chi, come Giuseppe Orsi, aveva cercato di riportare ordine e trasparenza in una azienda di Stato finita nella bufera delle lotte intestine”.

Il professor Amodio, infine, si è detto convinto che “il giudizio che si aprirà nel prossimo giugno saprà certo far trionfare la verità. Per tracciare una linea di confine tra chi ha agito nell’interesse dell’industria italiana e chi, dietro le quinte, ha cercato di inquinare l’immagine di un manager di prestigio”.

Secondo l’accusa, per ottenere l’appalto sarebbero state versate tangenti per 51 milioni a funzionari pubblici indiani attraverso la mediazione di Guido Ralph Haschke e Claudio Gerosa. A carico di Orsi oltre agli elementi alla base dell’ordinanza di custodia cautelare, come le dichiarazioni di Haschke, vi sarebbero indizi anche quelli acquisiti nelle perquisizioni seguite agli arresti. Lo stesso Haschke aveva riferito di aver saputo legami molto forti tra Orsi e la Lega Nord e in particolare dell’ex ministero dell’Interno Roberto Maroni.

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