Ricordo i pomeriggi del Primo maggio di qualche anno fa. Prima biciclettata in giro per campi, poi, cascasse il mondo, mi appiccicavo davanti alla televisione su RaiTre per il concertone. Erano gli anni dell’infanzia ed adolescenza, quell’età dove guardi tutto in maniera più disinteressata. E mi appuntavo chi ci suonava, le scalette, le canzoni. Per me era un evento, mi sembrava straordinario guardare un concerto in televisione. 

Passano gli anni, si cresce. Ed è naturale perdere un po’ di quella disillusione degli esordi. Però tra l’immagine quasi bucolica di qualche anno fa e lo schifo che provo ora, ce ne passa. Succede quindi che oggi io, per la prima volta in vita mia, ci sia andato in quella piazza San Giovanni immersa da una folla impressionante. Sin dalla mattina, tiepido sole, poi nuvoloso fino alla pioggia, a tratti copiosa. Canotte e shorts ovunque, il paradiso della globalizzazione e delle mode. O, di contro, dread/rasta, spinelli e cani. A ribadire che l’omologazione fa schifo, ma solo quando si guarda in casa altrui. Le contraddizioni però, nella folla che si assiepa sul prato di San Giovanni, non finiscono qui. Ad esempio, tema caro alla gran parte delle persone in piazza, l’ecologia, il no alla Tav, l’ambientalismo. Temi e posizioni sui quali si può essere o meno d’accordo. Ecco però che l’assunto di base da cui si parte – il rispetto dell’ambiente – mi aspetterei fosse, almeno questo, rispettato ed onorato.

Accade invece che, a concertone finito, la moltitudine che rincasa, lasci dietro a sè una piazza indegna. Scie di lattine di birra, carte e cartacce, fazzoletti, preservativi e siringhe (!), di tutto e di più. A quel punto mi chiedo di cosa sia davvero emblema tutto questo, se di maleducazione, di disinteresse rispetto alle cause che solo a parole vengono propugnate o di che altro. Gli stessi che sventolano la bandiera arcobaleno della pace, non domi delle latrine che lasciano in piazza, litigano tra loro, si lanciano bottiglie e accendono piccole risse, subito sedate. Una piazza in pura e semplice contraddizione con se stessa.

Che spirito è allora, quello del Primo maggio? Per la gran parte di chi va in piazza San Giovanni, altro non è che una maniera di svago, un occasione come un’altra per sfasciarsi di birre, ascoltare la solita patchanka, sentirsi cantare dai soliti Modena City Ramblers la solita ‘Bella Ciao‘ (quest’anno fortunatamente scampata). Un rito stanco e fuori tempo massimo, stereotipato e pure palloso. Elio & Le Storie Tese ben l’hanno fotografato in ‘Complesso del Primo Maggio’. In questo senso, non diversamente dai parlamentari che applaudono la supercazzola che Napolitano fa loro nel discorso d’insediamento, così gli stessi fan del Primo Maggio a San Giovanni si esaltano nel sentirsi presi in giro. Purtroppo non c’è anno che questo carrozzone molto folkloristico riesca ad evolversi. Si rimane sempre lì, invettive contro il capitalismo e seimila altri slogan gridati. Sia il Primo maggio la festa dei lavoratori, quelli veri. 

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