Compensi d’oro di Hera, qualcosa (forse) si muove. Oggi l’assemblea dei soci della multiutility, riuniti per approvare il bilancio 2012, ha approvato a grande maggioranza (il 91,84% del capitale sociale) una “delibera di orientamento” in cui si chiede alla spa di valutare una riduzione della parte variabile dello stipendio di presidente, amministratore delegato e alta dirigenza. “Nel testo si dà mandato al comitato di remunerazione del gruppo di avanzare, seppur in presenza di contratti in essere, una proposta in tal senso”, riportano in un comunicato congiunto i sindaci del patto di sindacato dell’area bolognese.

Che anche per Hera è ora di fare i conti con la ‘spending review’ lo conferma la presa di posizione del sindaco di Imola Daniele Manca (Pd), presidente del patto di sindacato dell’utility, che ha insistito in assemblea sulla necessità di rivedere  anche il numero dei componenti del Cda e relativo  compenso. “Tale azione, assieme a quella deliberata dall’assemblea, si rende necessaria quale segnale di partecipazione da parte di una importante realtà aziendale a maggioranza pubblica, quale è Hera, al difficile momento sociale ed economico che vive il nostro Paese”, continuano i sindaci nella nota.

I compensi dei membri del Cda erano già stati tagliati del 25% nel 2011, ma a quanto pare ai sindaci non basta. A pressare in questi mesi per una Hera più sobria in virtù del suo carattere pubblico (oltre il 50% delle azioni appartiene ancora a oltre 180 Comuni) sono stati soprattutto i sindaci della Romagna. Se il presidente della Provincia di Rimini Stefano Vitali (Pd) aveva addirittura aperto una pagina Facebook intitolata “Devono prendere meno di Obama”, di recente è stato il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci (sempre Pd) a far approvare in Consiglio comunale un ordine del giorno ad hoc. E infatti, in queste ore Matteucci esulta: “Sono molto soddisfatto, in tempi in cui chiediamo a tutti di tirare la cinghia. Io ho lavorato, nei modi dovuti e insieme al sindaco Manca per raggiungere questo risultato”.

Certo, al momento sul piatto c’è solo “una delibera di orientamento”. Rimane una certa prudenza sullo sfondo. Del resto, è stato Matteucci stesso a ricordare che Tomaso Tommasi di Vignano, il presidente di Hera, l’anno scorso è stato tentato da un’altra multiutility italiana che gli avrebbe proposto un aumento di stipendio pur di averlo tra le propria fila. Come dire: tagliamo pure gli stipendi, ma occhio che se tiriamo troppo la corda poi i manager bravi se ne vanno. “Hera è la migliore multiutility italiana per servizi offerti, risultati di bilancio, qualità del management. In questi tempi di crisi così acuta la scelta di oggi si imponeva”, completa il suo ragionamento il sindaco ravennate dando l’impressione di non voler infierire.

Sta di fatto che, dopo la delibera di oggi, prima o poi il Cda e il comitato di remunerazione di Hera dovranno assumere le decisioni conseguenti. Uno slancio di sobrietà  in Hera è atteso da tempo. Spulciando tra gli stipendi del 2011, emerge come Tommasi di Vignano abbia percepito 350 mila euro di compenso fisso, 117 mila euro alla voce “bonus e altri incentivi”, 6 mila euro di “benefici non monetari” e 2 mila alla voce “altri compensi”: in totale 475 mila euro. L’amministratore delegato Maurizio Chiarini ha oltrepassato di 18 mila euro il mezzo milione di euro. Per entrambi, a conti fatti, si superano i 40 mila euro al mese. I consiglieri di Hera, ancora secondo i numeri del 2011, sono costati invece 2,3 milioni di euro complessivamente.

Nel frattempo, oggi l’assemblea ha dato il via libera anche alla distribuzione di un dividendo di nove centesimi ad azione (pagamento dal 6 giugno), cifre in linea con la cedola staccata lo scorso anno. Hera ha chiuso il 2012 con 4,492 miliardi di euro (+9,4%) di ricavi e un utile netto di pertinenza di 118,7 milioni (+13,5%).

In attesa della ‘svolta’ sui compensi, l’assemblea ha approvato le modifiche allo statuto per la nomina di un rappresentante del Fondo strategico italiano, controllato dalla Cassa depositi e prestiti, in base agli accordi per l’ingresso del Fondo nel capitale di Hera (fino al 6%): il Cda è stato portato da 20 a 21 membri, mentre passa da quattro a cinque il numero dei componenti che saranno tratti dalle liste diverse da quella degli enti locali. Dall’assemblea del 2014 il Cda calerà a 15 membri. Le modifiche statutarie prevedono anche l’introduzione delle quote rosa, come stabilisce una legge del 2011 sulle società quotate.

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