Negli States li chiamano ‘limoni’, da noi si userebbe il vecchio termine di ‘bidoni’. Fatto sta che è termine da cui nascono le ‘lemon law‘, rigorose leggi un po’ tutte diverse nei vari stati ma con un fine comune: proteggere il consumatore ad ogni costo. Anche di andar contro colossi commerciali e marchi prestigiosi. Che ne sono terrorizzati. Basta dare un’occhiata ad un libretto di uso e manutenzione di un’auto americana: ci sono pagine e pagine di avvertenze, segnalazioni di pericolo, messe in guardia su qualsiasi accessorio. Qualche esempio: “Attenzione ad aprire la portiera con le unghie lunghe (per le donne), potrebbero rompersi”. Oppure: “Non infilate le mani all’interno delle razze del volante“. E ancora: “Attenzione al cofano posteriore della station-wagon, può diventare una ghigliottina”. Tutto quel che può essere pericoloso viene segnalato, perché se procura danni al consumatore sono rimborsi salatissimi. E tutto quel che viene dichiarato in modo falso, punito.

Quando sono arrivati i coreani che hanno invaso l’America con i loro ottimi prodotti, sono scivolati in una comunicazione, per così dire, superficiale. Soprattutto per quanto riguarda i consumi, ovvero il dato (quello del rapporto chilometri/litro) che più viene considerato al momento dell’acquisto di un’auto, escludendo, forse, i compratori di supercar. Così, per aver ingannato migliaia di clienti (si calcola che siano quasi un milione e mezzo) dichiarando consumi inferiori al reale per alcuni dei loro modelli, Hyundai e Kia sono state condannate ad un risarcimento storico.

Tutto era partito dalla denuncia di un automobilista deluso per una Hyundai Elantra, scelta proprio per una dichiarata sobrietà, rivelatasi invece troppo assetata. Erano poi intervenuti i severi organismi di tutela del consumatore americani e le due case costruttrici dovranno rimborsare ogni automobilista che ha acquistato un’auto incriminata negli ultimi tre anni, magari fuorviato dalle false dichiarazioni sui consumi al distrubutore. Per esempio, un automobilista che ha percorso 30mila chilometri si vedrà rimborsare, a seconda del modello, più o meno un centinaio di dollari. Piccole soddisfazioni, certo, ma un elemento in più di rispetto per i consumatori. Alle case costruttrici il danno è di decine di milioni di dollari, oltre a quello di immagine.

L’esempio americano viene oggi seguito anche più vicino a noi, in Germania per l’esattezza. E’ recente il caso di un automobilista che ha fatto causa alla Renault perché la sua Scénic Dynamique 2.0 16V da 140 cavalli CVT consumava il 10% in più di quanto promesso dal concessionario. Non è stato facile per il coraggioso automobilista dimostrarlo. Intentata, la causa ha dovuto dimostrare con l’aiuto di periti e coinvolgendo anche il Tüv (il rigoroso ente di certificazione tedesco) i consumi reali. Non ha ottenuto un rimborso, ma solo di poter restituire l’auto e riavere il denaro. Molto meno interessante del rimborso ottenuto dagli automobilisti americani, ma viene stabilito un principio. Teoricamente anche in Italia una causa simile potrebbe avere successo, senza contare il tempo e l’investimento in avvocati e periti. Anche se in realtà l’abitudine di ‘limare’ un po’ i consumi in un confronto sempre più serrato sull’auto più parca, ha una giustificazione legale. Chi ha stabilito le regole per la rilevazione del fatidico dato dei chilometri/litro ha considerato un mondo del tutto teorico e con criteri assurdi.  La legge, una stessa legge dell’Unione Europea in vigore anche in altri paesi, non obbliga i costruttori a prove su strada, ma bastano irreali test in cui vengono utilizzate anche auto ‘irreali’, cioè senza condizionatore e accessori ‘pesanti’, con il solo conducente a bordo. Da notare che se falsi sono i consumi di carburante dichiarati, false sono anche le emissioni di CO2, dato oggi tenuto in grande considerazione. Aggiungendo che sulle emissioni di CO2 sono stati erogati gli ecoincentivi varati lo scorso marzo.  E intanto (durante il ciclo di vita dell’auto) i consumatori sono costretti a spendere molto di più di quanto hanno ipotizzato all’atto dell’acquisto della loro vettura nuova. 

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