“Come sto? Non posso più correre o andare in bici, e se faccio 20 scalini poi arrivo stremato”.Valter Nerozzi lo incontriamo in Piazza Maggiore per la giornata internazionale in ricordo delle vittime dell’amianto. Sessantaquattro anni e una vita di lavoro alle Officine grandi riparazioni di Bologna (Ogr), Valter ha scoperto di avere un mesotelioma pleurico, tumore maligno causato dall’esposizione alle fibre di amianto. “Alle Officine ho lavorato dal 1976 all’80 come capo tecnico in un reparto di lamierai. Coordinavo una squadra di 10 operai col compito di rimuovere i pannelli di amianto che all’epoca isolavano i treni. Per difenderci avevamo solo delle mascherine”. Trentacinque anni dopo il tumore. “A maggio 2012 ho fatto una radiografia e non ho trovato nulla, cinque mesi dopo ho chiesto al mio medico di prescrivermi una Tac perché facevo fatica a respirare e così ho scoperto un versamento pleurico. La biopsia ha confermato il mesotelioma, arrivato perfettamente in orario, una tempistica da manuale. Nonostante tutto continuo ad andare al lavoro, è meglio fare qualcosa, perché a casa la testa pensa sempre alla malattia, ed è meglio farla pensare poco. Tra quelli che all’epoca lavoravano in squadra con me il mesotelioma ha già fatto due vittime ”.

Assieme a Valter si sono ritrovati in una ventina in Piazza Nettuno: parenti, amici e colleghi delle vittime dell’amianto alle Ogr di Bologna. Un breve discorso e poi la deposizione di una corona di fiori di fronte al Sacrario dei Caduti per tenere viva l’attenzione sugli oltre 200 morti che negli ultimi 30 anni hanno segnato la storia delle officine bolognesi. Una strage silenziosa, che si porta via le persone una ad una, senza troppo clamore e con decenni di distanza dall’esposizione alle fibre di amianto. L’Emilia Romagna ha pagato un tributo pesante, su tutti i 50 morti alla Eternit di Rubiera. Senza contare i casi ancora aperti, come quello delle cave ofiolitiche di Parma, luogo di estrazione delle cosiddette pietre verdi.

Una storia che non è ancora finita e che continua a mietere le sue vittime. Tra i lavoratori e i pensionati Ogr l’ultima a gennaio 2013. Il picco delle morti a Bologna è previsto per il 2025, e gli operai più anziani vivono nella paura che un semplice colpo di tosse possa annunciare la malattia. Tutti sanno che la sopravvivenza media è di un anno o poco più dal momento della diagnosi, salvo fortunate eccezioni.

Oggi la situazione non è più quella del passato, i controlli e le misure di sicurezza sono diventate rigorose. Nonostante tutto, secondo le Rsu aziendali delle Ogr, sono 70 (su 340) gli addetti alla manutenzione dei treni potenzialmente esposti all’amianto. Almeno dieci i casi registrati nel 2012, a cui sono seguite altrettante segnalazioni all’azienda e all’Ausl. “Con particolari in amianto ci entro in contatto tutti i giorni – spiega un tecnico delle Ogr che vuole restare anonimo – di solito si tratta di guarnizioni presenti nella componentistica dei treni, anche di quelli più moderni. Io l’amianto lo so riconoscere, ma non tutti ne sono capaci. E quando dobbiamo sistemare o riparare quelle parti capita che si rompano, con la conseguente dispersione delle fibre nell’aria”.

“E’ un problema difficile da affrontare – spiega il responsabile della sicurezza aziendale Salvatore Fais – Ci sono Paesi che non hanno ancora messo al bando l’amianto, la Cina, l’India, la Russia. Sono grandi produttori di componentistica, tutte cose che poi arrivano anche qui in Italia, e poi nelle nostre officine”. “Il problema – spiega un altro lavoratore – è che non sempre ci accorgiamo in tempo di cosa stiamo maneggiando. Riconoscere l’amianto è difficile”. “Basta anche solo una fibra  per sviluppare sulla lunga distanza un mesotelioma”, ricorda Fais. Le rsu aziendali hanno protestato con l’azienda più volte nel corso degli ultimi 12 mesi, denunciando i rischi e i controlli a loro giudizio insufficienti. Materiale vietato in Italia dal 1992, l’amianto è ancora presente sulle schede elettroniche dei treni che arrivano in riparazione, nelle sonde di temperatura del condizionamento, nei raccordi filtranti, nelle elettrovalvole. Componenti che gli operai delle Ogr maneggiano con frequenza. Senza contare i muri e i pavimenti, che probabilmente richiederebbero una bonifica radicale. Nel 2012 sono stati fatti dei campionamenti sui punti luce di un capannone. Su 10 test 9 sono risultati positivi all’amianto, presente nelle polveri accumulatesi nel tempo sui vetri e sulle strutture in cemento. 

“Io ho ancora una speranza – conclude Valter – ho fatto 3 cicli di chemioterapia da 21 giorni, la malattia è tra il primo e il secondo stadio e quindi posso combatterla. Fra 2 settimane mi asporteranno il polmone sinistro”. Per arrivare all’operazione Valter ha fatto consulti anche con medici statunitensi. “Quando hai il problema ti dai da fare, il fatto è che non c’è un protocollo standard per curare il mesotelioma, ogni primario ti dice la sua e tenta di convincerti che il suo metodo è quello migliore. E’ il tumore che cerca i suoi clienti, e se non sai dove andare puoi perdere  il treno giusto e sbagliare anche la cura. Questo voglio dirlo: bisogna informare e fare prevenzione, creare gruppi di lavoro sanitari e imporre per tutti i lavoratori a rischio una tac ogni 6 mesi. La prevenzione la si fa per il tumore alla mammella, bisogna farla anche per il mesotelioma. Perché altrimenti te ne accorgi solo quando ormai ce l’hai, e di solito non c’è più niente da fare”.

Articolo Precedente

Parma, acceso l’inceneritore. Protesta ai cancelli dell’impianto: “Pizzarotti dov’è?”

next
Articolo Successivo

Crollo ponte sul Po, l’ira del ferito: “Processo ancora rinviato e rimborso miserabile”

next