Inciuci, mummie che non mollano l’osso, clientelismi, meritocrazia come chimera, disoccupazione giovanile a livelli stellari. L’Italia, per chi ha una certa età e nutre ancora qualche speranza nella vita, può portare ad una sola conclusione: andarsene. E anche in fretta.

Ma dove? Germania, Gran Bretagna, Sud America: ce ne sono parecchi di posti in cui vivere può essere meglio che non in un Paese come il nostro, immobile, stagnante e aggrappato ormai solo ai suoi stereotipi: cibo, clima, belle donne ecc ecc. C’è però una città che, in particolare, dà letteralmente una sensazione di freschezza quando ci si mette piede: Copenhagen. Soprattutto se il rispetto per l’ambiente e quindi per se stessi è visto come una parte fondamentale della propria quotidianità, non come una stravaganza per ricchi radical chic di sinistra.

Andarci, per un italiano, può essere entusiasmante e deprimente allo stesso tempo. Lì, infatti, si trova cibo biologico ovunque, l’acqua in caraffa servita gratuitamente è un’abitudine, l’efficienza energetica e la produzione di energia da fonti rinnovabili sono ad ottimi livelli. Inoltre, la mobilità sostenibile è una delle principali caratteristiche della città e le aree verdi in cui godersi un po’ di pace e silenzio non sono di certo una cosa rara, dato che ce n’è una ogni 300 metri. Non solo, entro il 2015 verranno creati 14 nuovi parchi e piantumati 3.000 alberi.

Ciò che ricorda maggiormente di essere in una città molto attenta alla qualità della vita è soprattutto l’incredibile quantità di biciclette che si vedono in giro: per più del 35% degli abitanti di Copenaghen, infatti, la bici è il principale mezzo di trasporto. Certo il terreno è perlopiù pianeggiante, ma ciò che incentiva queste scelte sono in particolare la mentalità dei cittadini e le politiche bike-friendly della Municipalità danese. Una combinazione decisamente positiva, che si può notare da subito una volta arrivati nella città scandinava.

Copenaghen, infatti, è letteralmente dominata dalle biciclette. Basti pensare che solo sul ponte della Regina Luisa, il Dronning Louise’s Bro, nelle ore di punta ne transitano quotidianamente circa 35mila! I 200 km di piste ciclabili permettono di raggiungere ogni punto della città (e dintorni), e i ciclisti hanno letteralmente la precedenza: a Copenaghen si sta infatti sviluppando un progetto che possa sincronizzare i semafori in modo da permettere ai ciclisti di mantenere una velocità costante di circa 20 km/h, cavalcando una “onda verde” che in Italia può essere riservata alle sole auto. La città, inoltre, ha finanziato con quasi 4 milioni di euro un bike sharing alla portata di tutti, con oltre 2.000 biciclette noleggiabili per un’intera giornata solamente lasciando un deposito di pochi euro.

Una realtà in continua evoluzione, quella di Copenaghen, con un solo vero difetto: i prezzi. Qualunque cosa decidiate di fare, di vedere o soprattutto di mangiare, infatti, sappiate che lì non si potrà risparmiare. A meno che decidiate di consacrarvi per tutta la vostra permanenza al cibo spazzatura di pub e fast food. Che, a differenza di quello servito in quasi tutti gli altri locali della città, di biologico e di salutare ha ben poco.

In realtà, in tutta la Danimarca è particolarmente valido il detto per cui “Chi più spende meno spende”. Non solo a livello di alimentazione e di acquisti, ma anche di tassazione. Fra le varie differenze che si notano con l’Italia, risalta quella dei servizi che si ricevono in cambio di una pressione fiscale decisamente alta.

Anche a livello ambientale, ovviamente. A Copenaghen, infatti, il sistema burocratico che regola la città prevede generosi incentivi finanziari per ogni aspetto della vita quotidiana: sovvenzioni che aiutino a passare all’auto elettrica, riduzione delle tasse per chi eccelle nella raccolta differenziata dei rifiuti, utili finanziamenti per la costruzione di edifici ad alte prestazioni energetiche e la ristrutturazione di quelli esistenti in modo da renderli più efficienti.

Tutte caratteristiche che, nel momento in cui si vive o si lavora nella capitale danese, fanno pesare molto meno le somme di denaro che si devono spendere quotidianamente, e che in realtà alla fine rendono meno costosa la gestione della cosa pubblica. Denaro che il turista italiano, invece, tornato a casa sua dovrà sborsare nella maggior parte dei casi per essere gettato in un pozzo nero di debito pubblico e di corruzione.

Sarà pur bella l’Italia, ma anche dopo pochi giorni in Danimarca è abbastanza frustrante rientrare e vedere da una parte una mentalità ancora schiava dell’auto e di un “progresso” legato allo spreco, dall’altra la scarsissima offerta di servizi che, come accade a Copenaghen, possano aiutarci a rendere più “sostenibile” la nostra esistenza. Ma stiamo sereni: i soliti luoghi comuni su come si mangia bene in Italia, o sul terribile clima danese e la (presunta) freddezza dei vichinghi che la popolano sono sempre lì, pronti per addolcirci la pillola.

twitter: @AndreaBertaglio

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