La notizia dello scorso febbraio dei frammenti di meteorite precipitati in una zona remota della Russia ha risvegliato in alcuni quella paura che a mala pena il sorriso di Liv Tyler era riuscito a sopire in Armageddon. “Fino all’uscita di quel film, i Nea, o Near Earth Asteroid, cioè quei corpi celesti con un’orbita molto vicina a quella terrestre, pare non interessassero a nessuno e perfino la Nasa non aveva un programma per scoprirli, catalogarli e monitorarli”, spiega Marco Tantardini, un ingegnere aerospaziale di 29 anni che di asteroidi ne sa qualcosa. Nel 2007, a metà di un master in astrodinamica alla Delft University of Technology, con alle spalle una laurea triennale al Politecnico di Milano, Tantardini vola in California per uno stage alla Planetary Society, un’organizzazione non profit che promuove l’esplorazione spaziale e che annovera tra i fondatori Carl Sagan, l’autore del romanzo “Contact”, da cui l’omonimo film con Jodie Foster. Durante lo stage incontra Pete Worden, direttore del centro di ricerca Ames della Nasa, che gli propone di passare l’estate nel suo istituto come collaboratore in un progetto preliminare per una missione robotica verso l’asteroide Apophis.

“In quei mesi è nata l’idea di catturare un asteroide e portarlo nell’orbita lunare per poterlo studiare e inviarci gli astronauti”, racconta Tantardini. “All’inizio la mia proposta ha incontrato molte resistenze, ma ho continuato a sviluppare il concetto e alla fine sono riuscito a mettere insieme una squadra di esperti al Keck Instititute for Space Studies, o Kiss”. Il progetto è partito ma per arrivare in fondo servono altri finanziamenti, precisamente 2,65 miliardi di dollari per completare la missione entro il 2025. Non sono tanti se paragonati a quanto costerebbe una missione umana su Marte, che infatti la Nasa ha rimesso nel cassetto in attesa di tempi migliori. “Meglio fissare degli obiettivi a breve termine e procedere un passo alla volta. In questo caso, l’investimento sarebbe ampiamente ripagato da una serie di vantaggi collaterali. Ad esempio, la tecnologia che verrebbe sviluppata per spostare in modo controllato un asteroide tornerebbe utile se mai ci dovesse essere bisogno di deviarne uno per evitare una collissione catastrofica con l’atmosfera terrestre”.

L’idea di “Asteroid Return Mission” è di avvicinare l’orbita di un asteroide e farci atterrare una navicella spaziale per studiarne composizione e struttura, al fine di comprendere meglio l’evoluzione del sistema solare e valutare la praticabilità di utilizzare asteroidi come punti di appoggio durante missioni di esplorazione dello spazio profondo. Il primo passo, che paradossalmente si sta rivelando l’ostacolo maggiore al progetto, è quello di catalogare con precisione un numero sufficiente di Nea per scegliere il candidato ideale, probabilmente un asteroide con un diametro intorno ai 10 metri. Il ruolo di Tantardini in questa fase è di cercare collaborazioni internazionali e possibili finanziatori. “Anche se può sembrare strano, non mi è mai interessato fare l’astronauta. Mi piacerebbe piuttosto essere un manager o un imprenditore nel settore dell’esplorazione spaziale, una persona in grado di riconoscere un’idea valida e costruirci intorno un team che la trasformi in un progetto concreto”.

Intanto, il debutto da imprenditore l’ha fatto in un ambito completamente diverso. “Amo la musica jazz e un giorno, prendendo un caffè con un amico di Piacenza che fa l’ingegnere del suono a Hollywood, è nata l’idea di JazzTakeB”. Si tratta di una start-up per la distribuzione online di musica jazz, che, a quasi due anni da quel caffè, sta per lanciare il suo portale web. Per la sede legale dell’azienda, Tantardini e il suo socio Marco Riccio, studente d’informatica a Pisa, hanno scelto gli Stati Uniti. “E’ il nostro principale mercato, sia per i musicisti a cui offrire il servizio, sia per i clienti che acquisteranno le canzoni. In Italia sarebbe comunque stato più difficile, la negatività che tira in questo periodo rischia di risucchiarti tutte le energie.” Anche se le sue attività scientifiche e imprenditoriali sono all’estero, il legame di Tantardini con l’Italia è ancora forte, tanto che preferisce trascorrere buona parte dell’anno a Cremona e gestire il suo lavoro via internet.

Di motivi per vivere in Italia ne ha tanti. Il più recente gliel’ha fornito l’Aspen Institute Italia, selezionandolo tra gli Aspen Junior Fellows, un network di giovani emergenti promosso per formare una nuova leadership informata e responsabile. Proprio con alcuni di questi ragazzi, Tantardini ha fondato iStarter, un incubatore ed acceleratore di impresa con quartier generale a Torino e una sede a Londra. “L’Italia è piena di giovani dalla mentalità imprenditoriale e con idee innovative, ma è un Paese che ha paura del futuro. Innovare è una bella sfida, una di quelle cose per cui ci si alza la mattina”.

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