“Voleva violentarci. Ci siamo difese e lo abbiamo strangolato”. Due ragazzine di Udine, 15 anni appena, 16 da compiere tra un paio di mesi, si sono presentate nel cuore della notte alla caserma dei carabinieri di Pordenone e hanno confessato l’omicidio del pensionato udinese, Mirco Sacher, 66 anni, il cui corpo era stato trovato privo di vita nel primo pomeriggio di domenica in un campo alla periferia est della città, una zona isolata, frequentata da giovani coppiette e prostitute che si appartano con i clienti.

L’allarme era scattato intorno alle 15.30 quando un residente della zona aveva scoperto il cadavere, attirato nel campo dal suo cane, un pastore tedesco, con cui era uscito a fare una passeggiata. La vittima era stesa a terra, con la cintura dei pantaloni aperta, l’intimo leggermente calato. Nessun giubbotto. Niente soldi, documenti o cellulare. Nulla che consentisse di identificarlo. Nessun segno apparente di violenza.

A una prima occhiata, il medico-legale aveva attribuito la causa del decesso a un malore. Una morte naturale. Ma le circostanze di rinvenimento del cadavere avevano spinto il pm della Procura di Udine, Claudia Danelon, ad approfondire gli accertamenti e le indagini. Il testimone che lo ha trovato aveva notato la vittima già un’ora prima, nel campo, in compagnia di due donne. Una delle due, con una capigliatura “rossa come un fanale”, aveva attirato la sua attenzione. L’uomo aveva descritto anche la presenza di una piccola utilitaria di colore chiaro. Le ricerche dell’auto erano state diramate immediatamente a Udine e dintorni.

La svolta è arrivata nel cuore della notte. Con la confessione spontanea resa dalle due ragazzine, che si sono autoaccusate dell’omicidio. Le due giovani, poste questa mattina in stato di fermo e accompagnate in una struttura protetta Trieste, sono state interrogate dal pm della Procura dei minori Chiara Degrassi. Successivamente sono state trasferite all’ospedale Burlo di Trieste, perché una delle due riporta dei segni riconducibili a una colluttazione. 

Stando a una prima ricostruzione dei fatti, le due ragazze sarebbero scappate dal campo con la macchina della loro vittima. Il casello autostradale di Udine sud registra il passaggio della Fiat Punto bianca in ingresso alle 17. Alle 18 è in transito a Venezia-Mestre. Da lì, sempre lungo la A4, le ragazze arrivano alla stazione di servizio di Limenella, in provincia di Padova, dove abbandonano l’auto, ormai quasi priva di benzina.

Nonostante l’esperienza vissuta poco prima, le due giovani chiedono un passaggio a uno sconosciuto, un uomo che non è stato ancora identificato, che le porta fino alla stazione di Vicenza. Da lì, sempre stando al racconto delle due giovani, prendono il treno e tornano a Mestre. E’ ormai sera. In stazione incontrano due giovani ventenni di Pordenone, uno conosciuto di vista a Udine. Cominciano a parlare e si confidano. Raccontano quanto accaduto nelle ore precedenti e si lasciano convincere a seguire i due giovani, che le accompagnano in caserma dei carabinieri a Pordenone. I dubbi che permeano la vicenda sono ancora tanti. E tutti da chiarire.

La Procura di Udine, intervenuta inizialmente nelle indagini, non intende ancora spogliarsi degli atti. Lo ha comunicato oggi lo stesso Procuratore capo Antonio Biancardi, annunciando di voler fare prima alcuni approfondimenti perché “nulla esclude che vi siano coinvolgimenti di maggiorenni nella vicenda”.  

Dove sono state le ragazze tra le 15 e le 17? Possibile che abbiano guidato da sole, in autostrada fino a Padova? E perché per compiere un breve tragitto di poco più di un chilometro, per arrivare in centro, avrebbero chiesto un passaggio al pensionato? Sono tanti gli interrogativi a cui gli inquirenti devono cercare di dare una risposta per fare luce sulla morte dell’uomo, un ex ferroviere in pensione, amico di famiglia di una delle due giovani, su cui non si era mai addensata alcuna ombra. Nessun coinvolgimento in casi di pedofilia. Una fedina penale immacolata.

di Ottavie Noel

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