Sui preti pedofili la Chiesa di Papa Francesco non fa nessun passo indietro. A parlare è lo stesso Bergoglio che così ha risposto a monsignor Gerhard Ludwig Müller, curatore dell’opera omnia di Joseph Ratzinger e suo secondo successore alla guida della Congregazione per la dottrina della Fede. Francesco, si legge in un comunicato del dicastero vaticano, nell’udienza concessa a monsignor Müller “ha raccomandato in particolar modo che la congregazione, continuando nella linea voluta da Benedetto XVI, agisca con decisione per quanto riguarda i casi di abusi sessuali, promuovendo anzitutto le misure di protezione dei minori, l’aiuto di quanti in passato abbiano sofferto tali violenze, i procedimenti dovuti nei confronti dei colpevoli, l’impegno delle conferenze episcopali nella formulazione e attuazione delle direttive necessarie in questo campo tanto importante per la testimonianza della Chiesa e la sua credibilità. Il Santo Padre – si legge ancora nella nota ufficiale – ha assicurato che nella sua attenzione e nella sua preghiera per i sofferenti le vittime di abusi sono presenti in modo particolare”. Una raccomandazione, quella di Papa Francesco, che si sposa perfettamente con quanto compiuto da Benedetto XVI nei suoi otto anni di pontificato e, in particolare, con il suo impegno a debellare, in modo “chirurgico”, il grave problema della pedofilia ecclesiale.

Uno scandalo deflagrato in modo impressionante sotto il regno di Ratzinger. Tutto iniziò il 7 marzo 2009 quando il vescovo irlandese John Magee, già segretario di Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, si dimise dopo essere stato travolto dalle polemiche per la gestione di un’inchiesta su presunti casi di pedofilia nella sua diocesi di Cloyne. È qui, infatti, che alla fine del 2008 scoppiò uno scandalo su presunti abusi sessuali sui minori commessi da alcuni sacerdoti. Nel “rapporto Cloyne”, preparato dall’organismo della Chiesa cattolica che si occupa di salvaguardia dei bambini indipendentemente dalle gerarchie ecclesiastiche, si legge che le pratiche di protezione dei minori nella diocesi del vescovo Magee furono “inadeguate e sotto certi aspetti dannose” e proprio per questo i bambini furono “messi a rischio”.

La posizione di Benedetto XVI è stata sintetizzata chiaramente dalla Congregazione per la Dottrina della Fede con una lettera circolare inviata agli episcopati di tutto il mondo il 3 maggio 2011. Il documento, premettendo che “l’abuso sessuale di minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguito dall’autorità civile”, avvisava i vescovi che “è importante cooperare con le autorità civili per quanto riguarda il deferimento di crimini sessuali”. Ma non tutti gli episcopati hanno ancora recepito e messo in atto questo importante aspetto della vicenda. Ed è questa la sfida che attende Papa Francesco.

Incontrando i vescovi americani, nel 2008, Benedetto XVI non esitò a evidenziare che lo scandalo dei preti pedofili era stato “talvolta gestito in pessimo modo”. E aggiunse: “Ora che la dimensione e la gravità del problema sono compresi più chiaramente, avete potuto adottare misure di rimedio e disciplinari più adeguate e promuovere un ambiente sicuro che offra maggiore protezione ai giovani”. Durante il viaggio negli Stati Uniti, il Papa incontrò privatamente, nella Nunziatura di Washington, cinque persone vittime delle molestie sessuali da parte di sacerdoti americani. In quell’occasione, l’arcivescovo di Boston, luogo dove scoppiò un grave scandalo nel 2002, consegnò simbolicamente a Benedetto XVI un libretto con i nomi di un migliaio di vittime perché li ricordasse nella preghiera. Gli incontri tra Benedetto XVI e alcune persone che avevano subito abusi sessuali da parti di sacerdoti si sono ripetuti numerose volte durante diversi viaggi internazionali del Papa tedesco.

Significativo fu il mea culpa pronunciato da Benedetto XVI a conclusione dell’Anno sacerdotale, l’11 giugno 2010. “È successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti, soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario. Anche noi – affermò Ratzinger – chiediamo insistentemente perdono a Dio e alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più; promettere che nell’ammissione al ministero sacerdotale e nella formazione durante il cammino di preparazione a esso faremo tutto ciò che possiamo per vagliare l’autenticità della vocazione e che vogliamo ancora di più accompagnare i sacerdoti nel loro cammino, affinché il Signore li protegga e li custodisca in situazioni penose e nei pericoli della vita. Se l’Anno sacerdotale avesse dovuto essere una glorificazione della nostra personale prestazione umana sarebbe stato distrutto da queste vicende”.

@FrancescoGrana

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