Credo che un’affermazione tutto sommato passata quasi in sordina del capogruppo alla Camera del M5S Lombardi stia lì a segnare un solco epocale e al contempo problematico. È la frase pronunciata in occasione delle consultazioni con Bersani quando, parlando dell’incontro con le parti sociali, lei ha detto: “Siamo noi le parti sociali. Noi siamo i lavoratori, i disoccupati, i cassintegrati”.

Ecco l’epocalità, così come l’ha pensata Grillo e si è poi davvero concretizzata: il popolo sovrano nei fatti entra in Parlamento. L’azzeramento delle mediazioni, perché le mediazioni hanno portato soltanto male e menzogne (i politici, i media, i sindacati, tutte le associazioni, le corporazioni, che sono diventati “casta” e hanno contribuito a produrre o diffondere la menzogna collettiva). Cioè, qualcuno che prima di entrare in Parlamento non apparteneva a nessuna corporazione finalmente ci è entrato.

Il popolo che si autogoverna. A dream come true. Tutto questo infatti è bellissimo, è proprio un sogno a occhi aperti, e funziona perfettamente nel mondo delle idee. Funziona perché genera appunto sogni, speranze, motore, energia. Funziona perché muove le persone, le porta anche a votare, e nei fatti cambia drasticamente la composizione del Parlamento. Cosa che significa anche reali mutamenti, che nell’elefantiaca Italia sembrano miracoli.

Nei quaranta giorni dopo il voto pare in effetti radicalmente cambiato il tono e il tenore delle dichiarazioni parlamentari (per quello che è concesso dai risultati del voto): a cominciare dai tagli, da alcuni storici politici di professione estromessi dalla rappresentanza nell’arco parlamentare, alle consultazioni in streaming sotto gli occhi dei cittadini, al linguaggio tutto inedito dei parlamentari grillini.

Ma tutto questo nasconde un fondamentale problema: il fatto che la questione della mediazione non è questione teorica, ma pratica. Ovvero: diventi mediatore nel momento in cui sei chiamato a parlare in nome dei molti e non più soltanto in nome tuo. Tutto questo Grillo lo sa bene, e non si sogna infatti di uscire dal suo limbo perfetto e demiurgico del singolo che parla soltanto in nome suo, e si tiene stretto lo strumento (il suo blog, fuori dai media tradizionali) che conferisce lo “status di popolo”, cioè di intoccato dal potere e dalla corruttibilità.

Quando infatti sei in parlamento tu (singolo, persona singolare del popolo) sei chiamato a votare o proporre leggi in nome del popolo e non più soltanto tuo. Da singolo ti trasformi in rappresentante, in mediatore. Per la stessa natura del gesto che hai deciso di incarnare: candidarti a rappresentare il popolo in Parlamento. È un po’, se si vuole e messa in altri termini, la questione del controllore e del controllato: chi controlla il controllore? Di nuovo il popolo, risponde il M5S, attraverso la trasparenza e lo streaming e il controllo diretto dell’operato dei parlamentari. 

Ma questa risposta non elude il problema, che è più fondamentale. Non si tratta del controllo (ideale) del singolo atto che viene messo in streaming. Si tratta proprio del fatto che la natura del rappresentante è essere al contempo santo e capro espiatorio. L’onore della rappresentanza è l’onere della responsabilità.

E tutto questo, volente o nolente, passa dalla sua rappresentazione, cioè dall’immagine che noi che abbiamo votato ne abbiamo, dalla sua comunicazione al popolo che vota (che può essere attraverso la rete e il blog di Grillo, o attraverso la tv e i giornali).

Cioè: questo discorso della “purezza del deputato” (noi siamo le parti sociali) si regge benissimo nel momento in cui il popolo non è (ancora) eletto e si auto-rappresenta (attraverso il blog di Grillo), come è avvenuto prima delle elezioni. Ma adesso, dopo le elezioni, si apre una spaccatura: da un lato Grillo continua a essere il popolo (detentore soltanto dell’onore ma senza onere) e continua ad auto-rappresentarsi.

Ma i parlamentari del M5S no. Loro sono esposti all’onere della mediazione. E proprio su questo si giocherà una grandissima parte della loro fortuna (cioè sul rapporto sul filo di lana che tutti loro hanno con il Demiurgo e organo di ideazione e comunicazione: Grillo).

La partita diventerà sempre più, e non può che esserlo, il rapporto (buono?, cattivo?, di pace?, di conflitto?) tra Grillo (che giorno per giorno ri-conferisce lo “status di popolo”) e i suoi parlamentari (che solo attraverso di lui possono continuare a essere popolo e non mediatori).  

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