Un tempo era l’astro nascente della sinistra d’oltremanica, l’erede designato alla successione di Tony Blair. Ora invece David Miliband annuncia l’intenzione di guidare l’International Rescue Commitee – ong per il sostegno dei rifugiati con sede a New York – dimettendosi da parlamentare e lasciando così la politica britannica. Almeno per ora e apparentemente senza rancore. Ma comunque per un affare di famiglia. La motivazione ufficiale è quella di non voler essere d’impaccio alla leadership del fratello minore Ed, alla guida del partito laburista dopo aver battuto di misura lo stesso David quasi 3 anni fa. Con David Miliband esce anche il più giovane e brillante di una generazione che con Blair ha cambiato il volto della sinistra inglese e plasmato gli anni del cosiddetto New Labour.

Dal padre, l’intellettuale marxista Ralph – ebreo polacco rifugiatosi in Inghilterra nel 1940 – i due fratelli hanno ricevuto un’appassionata educazione politica, che li ha portati all’impegno con i laburisti.

Il maggiore, David, eletto parlamentare nel 2001, è stato più volte ministro nei governi Blair e Gordon Brown, diventa il più giovane responsabile degli Esteri nella storia del Regno Unito. Poi la sconfitta elettorale, 2010, e la drammatica corsa per la guida del Labour. David, dato per favorito e incoronato dai militanti, viene sfidato – e sconfitto – dal fratello minore Ed. “Red Ed”, come lo chiama la stampa, non è poi tanto più a sinistra di suo fratello, ma sicuramente più pragmatico dell’assicurarsi il sostegno dei sindacati. Lo sconfitto incassa, rinunciando alle ambizioni di un tempo, rifiutando ruoli da dirigente e restando semplice deputato.

Tra i fratelli il gelo personale rimane a lungo. La tregua politica invece aveva tenuto, almeno fino a ieri. Qualcuno del suo ambiente fa sapere che David proprio non ne poteva più della “permanente pantomima” sul suo rapporto con Ed. Ora che la decisione del nuovo impegno è presa, il giovane leader laburista gli rende l’onore delle armi: “David ci mancherà, la politica britannica sarà più povera senza di lui”. Ma se, come la storia dimostra, la politica è un affare e una passione di famiglia, rimane da chiedersi quanto potrà durare davvero l’esilio di David.

Il Fatto Quotidiano, 28 Marzo 2013

Articolo Precedente

Marò, se davvero vogliamo riportarli a casa un modo c’è

next
Articolo Successivo

Frontalieri, xenofobi svizzeri contro media italiani: “Nasi gocciolanti di livore”

next