L’accordo è stato firmato. Dalla stagione 2016-17 la squadra di calcio del West Ham United giocherà le sue partite nello Stadio Olimpico di Londra. A spese dei contribuenti. La credibilità della tanto sbandierata eredità olimpica subisce un altro duro colpo e la capitale britannica si avvia lungo il sentiero che da Barcellona 1992 a oggi ha visto tutte le città che hanno ospitato i Giochi Olimpici chiudere con un bilancio in passivo e uno sperpero di denaro pubblico. Il contratto prevede che il West Ham si garantisca, al modico prezzo di 15 milioni di sterline, l’affitto per i prossimi 99 anni di uno stadio che è costato più di 600 milioni di denaro pubblico, a cui andranno ora aggiunti 150-200 milioni (sempre a carico dei cittadini) per la riconversione da impianto di atletica a stadio di calcio. Tra i moltissimi critici dell’operazione, voluta espressamente dal sindaco Boris Johnson, all’interno della maggioranza e dell’opposizione il più duro è stato l’ex ministro dello sport Carbon, che l’ha definito “il più grande errore possibile”.

“E’ stato uno sbaglio fin dall’inizio, quando nel 2006 il Comitato Olimpico non ha voluto costruire un impianto pensato specificamente per il calcio – ha detto Carbon – Avremmo dovuto imparare dagli errori commessi nel passato da altri paesi e non è stato fatto, e ora ne pagano le conseguenze i cittadini”. Con l’accordo appena firmato svanisce il sogno del presidente del Comitato Olimpico Seb Coe, ex campione di mezzofondo, di un grande stadio per l’atletica. In realtà era apparso ovvio sin dall’inizio come fosse impossibile mantenere in funzione un impianto così costoso per meeting estivi i cui introiti non avrebbero coperto nemmeno le spese correnti, eppure si è scelta quella strada. E ora un immenso patrimonio pubblico è stato svenduto a privati. Non solo, come spiega Carbon, la decisione di non aver previsto nel progetto iniziale la possibilità di inserire i sedili retrattili per coprire la pista di atletica e farne un impianto fruibile per il calcio, è stata economicamente deleteria.

E così il West Ham ha potuto negoziare l’accordo da un punto di forza e fare in modo che le spese per la riconversione – che comprendono la riduzione di 25mila posti della capienza, l’introduzione di seggiolini retrattili sulla pista, e la modifica del tetto perché li copra – siano ora un onere della città. E così, se i 38 milioni che provengono dalla LLDC (London Legacy Development Corporation) erano già previsti nel budget iniziale, a questi vanno aggiunti 40 milioni che spenderà il Comune di Newham, una delle zone più povere della città, in cui mancano i servizi di base, che in cambio riceverà 100mila biglietti omaggio da destinare ai meno abbienti; e almeno altri 60 milioni cui provvederanno il Governo e l’Assemblea cittadina londinese. Dal canto suo il West Ham, per un impianto il cui valore sfiorerà ora gli 800 milioni, ne pagherà solo 15: quello che il club avrebbe speso in estate per un terzino di media qualità.

In cambio il West Ham non cederà il mitico stadio di Upton Park alla città, ne venderà piuttosto i terreni su cui sorge a privati, per estinguere i suoi debiti con le banche. Perché l’unica condizione posta al club è che il trasferimento nel nuovo impianto avvenga con i bilanci in ordine. Il sogno di Tony Blair dello stadio come “il grande regalo del paese alle generazioni future” si è trasformato in un incubo. Prima le indiscrezioni sulle migliaia di tonnellate di rifiuti tossici e radioattivi sotterrate in tutta fretta nel parco che circonda l’impianto; poi la saga delle (interessate) battaglie legali tra le varie squadre di calcio londinesi, concluse con la svendita al West Ham, che lo utilizzerà a partire dal 2016, ovvero quando in Brasile si saranno già concluse le Olimpiadi di Rio 2016 e la memoria di Londra 2012 sarà svanita. Uno sperpero di denaro inusitato pur di evitare di ritrovarsi tra le mani un’immensa cattedrale nel deserto, o elefante bianco, come dicono in Inghilterra. Con l’effetto che oggi lo Stadio Olimpico è, nelle parole del deputato conservatore Boff, “nient’altro che un elefante bianco in via di sviluppo”.

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