La notizia è che il Premio Pritzker 2013 è stato assegnato al giapponese Toyo Ito: la Hyatt Foundation ogni anno sceglie un architetto vivente che realizzi opere significative per l’umanità e l’ambiente.

L’impressione, per me che di Giappone so molto poco, è che da quella parte del mondo ci arrivino, come onde, dei messaggi che superano il tempo e lo spazio. I progetti di Toyo Ito, che tra l’altro aveva da poco vinto il Leone d’Oro per il Padiglione Giapponese alla Biennale di Architettura di Venezia, traggono ispirazione dalla natura, dall’aria, dall’acqua, dal vento. Per lui l’architettura “è un luogo d’incontro per i sentimenti delle persone”.

il Toyo Ito Museum of Architecture di Imabari
il Toyo Ito Museum of Architecture di Imabari

Ed è quella stessa natura, meno contaminata perché più antica di oltre due secoli, che si ritrova nelle opere di Hokusai, l’artista giapponese che intorno al 1830 realizzò la serie “Trentasei vedute del monte Fuji” di cui fa parte la notissima stampa intitolata “La grande onda di Kanagawa”.

la grande onda
La grande onda

C’è qualcos’altro, però, di più profondo, che nella mia immaginazione rimbalza dall’artista di ieri all’architetto di oggi azzerando la distanza temporale tra i due: un atteggiamento di sincero distacco dalla spettacolarizzazione, nonostante l’indiscussa importanza della propria opera. Come un senso di umiltà, di fierezza e di indipendenza insieme: forse un concetto difficile da comprimere in un solo vocabolo per noi Occidentali del presente. Così, se nella postfazione del suo ultimo lavoro incompiuto Hokusai scriveva: « … sono cinquant’anni che pubblico disegni, tra quel che ho raffigurato non c’è nulla degno di considerazione. A settantatré anni ho a malapena intuito l’essenza della struttura di animali ed uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante e perciò a ottantasei progredirò oltre; a novanta ne avrò approfondito ancor più il senso… ».

Oggi Toyo Ito afferma: «Ogni volta che concludo un edificio mi sento dolorosamente consapevole della mia inadeguatezza, sensazione che in ogni occasione cerco di convertire in energia da investire nel progetto successivo. In questo senso non potrò mai dare senso compiuto al mio stile architettonico, né essere pienamente soddisfatto con le mie opere». Intanto Ito, maestro di numerosi architetti orientali già molto influenti, riceve il Nobel per l’architettura dopo nomi come Wang Shu (2012), Peter Zumthor (2009), Jean Nouvel (2008), Renzo Piano (1998), Frank Gehry (1989) e indietro di questo passo. La cerimonia ufficiale si terrà il 29 maggio per la prima volta presso la Biblioteca John F. Kennedy Presidential di Boston: luogo scelto perché progettato dall’architetto Ieoh Ming Pei che ha ricevuto il Premio nel 1983.

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