Bersani non lo sente da un anno, da “quando ha dichiarato che Filippo Penati si doveva dimettere da consigliere regionale”. Renzi invece gli ha mandato un sms che “gli ha fatto molto piacere”. Giorni caldi a Milano, dove si sta consumando la battaglia tra bersaniani e renziani all’interno dei democratici lombardi: a farne le spese finora è stato Stefano Boeri, assessore alla Cultura a Palazzo Marino, vicino al sindaco di Firenze, appena ‘licenziato’ da Giuliano Pisapia. L’archistar era stato il candidato del Partito Democratico alle primarie milanesi (in cui si doveva scegliere lo sfidante di Letizia Moratti e poi vinte dall’attuale primo cittadino) e subito dopo capodelegazione del Pd in giunta.

“Ecco i nuovi assessori, con Boeri è mancata la fiducia” ha detto l’altro giorno in consiglio comunale il sindaco per spiegare l’avvicendamento in giunta. Non la pensa così il diretto interessato, che ha convocato una conferenza stampa ad hoc per spiegare le sue ragioni: “Il Pd milanese non esiste” ha sbottato l’architetto, secondo cui “ci sono dei ragazzotti incompetenti e irresponsabili che gestiscono un partito”. I ‘ragazzotti’, alias Maurizio Martina e Roberto Cornelli, non ci stanno. “Boeri si è posto in antitesi con il suo partito, lanciando provocazioni sempre a testa bassa (…) e invocando una rigenerazione e un rinnovamento che erano già avvenuti nei fatti”, ha scritto in una nota il segretario provinciale del partito Cornelli. Parole che evocano i mantra del rottamatore per eccellenza del Pd, con cui i contatti, a differenza del segretario del partito, non si sono mai interrotti. Tanto che l’ormai ex assessore alla Cultura conclude: “Chi ha sostenuto Renzi non ha avuto vita facile negli ultimi mesi”.

“Non c’è nessuno scontro tra renziani e bersaniani”, minimizza il segretario regionale Martina al fattoquotidiano.it. E assicura di “aver provato a ricucire fino all’ultimo” la situazione tra Boeri e il primo cittadino. Lo strappo con Pisapia, consumatosi ufficialmente perché il rapporto di fiducia tra i due “era compromesso” è solo il secondo tempo di una convivenza difficile, già incrinata nel novembre 2011, quando a Boeri fu tolta la delega su Expo. “Ho fatto due battaglie quando ero ancora capodelegazione del Pd – ha spiegato Boeri – Una sull’Esposizione Universale, l’altra su Sea. Ma quando mi sono voltato, del mio partito non c’era nessuno”.

Almeno numericamente però, il Pd a Palazzo Marino conta ancora molto: con l’uscita di scena dell’architetto, sono contemporaneamente entrati in giunta tre nuovi assessori (Del Corno, Rozza e Balzani) in quota democratica. A lanciare l’allarme sono invece i consiglieri comunali (e colleghi di partito di Boeri): tutti all’oscuro del suo licenziamento. In quattordici hanno sottoscritto una lettera per chiedere al sindaco di aspettare ed essere prima ascoltati. “Ti chiedo di andare avanti, compagno Boeri”: è stato l’appello del consigliere comunale Pd Carlo Monguzzi, uno che “nel partito conta poco, più o meno come te”, come si è autodefinito. Più diretto Filippo Barberis: “Ho sentito tradito il rapporto di fiducia con i dirigenti del Pd. Per noi è stata una violenza non essere riusciti a dire la nostra, prima che venisse presa questa decisione”. E’ stata la capogruppo uscente del Pd a Palazzo Marino Carmela Rozza, neo assessore ai Lavori Pubblici, a sintetizzare la linea adottata nell’ultimo anno e mezzo: “Il Pd di Bersani si è messo al servizio di Pisapia, per un centro-sinistra forte e coeso”. Stesso atteggiamento della direzione nazionale, che ostenta unità per riuscire a formare il nuovo governo mentre Renzi scalda i motori.

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