Una frase di Roberto Maroni – “Mi auguro che anche a Roma esca un governo forte e stabile” – e subito quella disponibilità della Lega ad appoggiare esternamente un prossimi governo Bersani torna a farsi largo. Mercoledì Napolitano aprirà le consultazioni, ma sembra ormai quasi impossibile che il segretario Pd possa fare un passo indietro rispetto all’ipotesi di formare un nuovo governo come alcuni gli hanno suggerito, soprattutto all’interno del partito.

Nelle ore immediatamente successive alla nomina di Grasso e della Boldrini alla presidenza delle Camere, era infatti circolata anche la voce che lo stesso Bersani potesse suggerire a Napolitano di chiamare Fabrizio Barca come nuovo premier, ma poi l’eventualità è stata riposta nel cassetto. Perché dopo quello che è accaduto sabato al Senato, con i grillini che si sono spaccati sul voto a Grasso, Bersani si sarebbe convinto – non si sa quanto a ragione – che sia possibile fare breccia anche nel corpo rigido del M5S proponendo dei nomi di ministri capaci di essere altrettanto spiazzanti quanto quelli di Grasso e della Boldrini. Una chimera, probabilmente, a cui però Bersani sembra credere.

Mentre non si fa parola dell’appoggio possibile del Carroccio. Perché la questione è ovviamente molto imbarazzante per il Nazareno; un conto è riuscire a governare con una maggioranza formata dai montiani e da una parte dei grillini che, di volta in volta, potrebbero convergere su diverse proposte di legge, un altro è farsi fare da stampella – seppur esterna – da Maroni per il solo fatto che il Carroccio non vuole tornare alle urne rapidamente, impaurito com’è dall’idea di evaporare totalmente dal territorio.

La frase di Maroni, d’altra parte, sulla speranza di veder nascere un governo “forte e stabile” è da leggere proprio in questa chiave. E poi, se il Pd accettasse, di fatto la Lega deterrebbe la golden share del governo al quale, all’occorrenza, potrebbe staccare la spina senza rimpianto, anche su pressione di Berlusconi. E’ anche per questo che il Cavaliere, pur auspicando le larghe intese, non mette bocca sull’ipotesi di un accordo sotto traccia capace di sostenere un esecutivo che resti “in vita” almeno un anno. Ipotesi che Bersani non prende in considerazione, si diceva, convinto di potercela fare da solo (a parole), con la forza dell’innovazione e di una serie di nomi di governo a cui “sarà praticamente impossibile dire di no”.

Pare che la lista dei prossimi ministri, da cui sono stati “espunti” i nomi di Grasso e Boldrini per elevarli “a più alto incarico”, sia custodita gelosamente da Bersani, ma alcuni cominciano a circolare con maggiore insistenza di altri, per quanto nell’indeterminatezza di queste ore. Rodotà, per esempio, dato anche come nome spendibile per il Quirinale, ma anche Andrea Guerra, ceo di Luxottica e Carlo Petrini, patron di Slow Food. E, ancora, Don Ciotti e Giuseppe De Rita, ma anche Emma Bonino che altri, invece, spenderebbero come ruolo di rottura per il Colle con un sostegno assolutamente trasversale. Oppure alla Farnesina.

E poi il costituzionalista Zagrebelsky, il cui nome sarebbe stato visto bene alla Giustizia. Insomma, più che “tecnici” in senso stretto, Bersani vorrebbe dare spazio a personalità dalla convinzione politica assolutamente chiara ma a loro modo “esperti” in alcuni settori e, soprattutto, capaci di gestire situazioni di grande responsabilità. Politica e personale. Un governo “dei sogni” per Bersani che al momento potrebbe restare veramente tale se l’intesa con la Lega non verrà codificata in qualche modo. Al Nazareno si pensa comunque ad un esecutivo non di lunga gittata, capace di raccogliere la fiducia grazie alla Lega che non vuole andare a votare e che di volta in volta si muove in Parlamento a caccia di fiducia sul contenuto delle leggi. Non a caso, Bersani ha intenzione di presentare subito un nuovo articolato sul conflitto di interessi, abrogando la legge Frattini.

Si parla di ampliare le norme attuali sui controlli a tutti i titolari di cariche di governo, nelle Regioni e negli enti locali, ai componenti delle Autorità indipendenti,di estendere l’incompatibilità anche alla sola proprietà di imprese, azioni o quote di società. Fra le altre proposte, anche più poteri di intervento concreto sui conflitti di interesse all’Antitrust, quindi il mandato irrevocabile a vendere per evitare la sanzione della decadenza e un nuovo sistema di sanzioni e di controllo applicabile anche alle cariche ricoperte attualmente, infine l’impossibilità per chi ha precedenti penali di sedere in Parlamento, nei consigli regionali, negli enti locali abbassando (o eliminando del tutto) i limiti di pena che danno luogo all’incandidabilità.

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