A causa della politiche migratorie dell’Unione europea, che ha imposto negli ultimi venti anni il rafforzamento e l’esternalizzazione dei controlli delle frontiere, molti immigrati provenienti dall’Africa sub-sahariana si sono visti intrappolati in paesi come Libia, Marocco, Algeria. Da paesi di transito, infatti, questi si sono trasformati in paesi di destinazione, poiché l’attesa prima della partenza, – con vari mezzi di fortuna –, che può garantire il raggiungimento delle sognate coste europee, può durare anni. 

Ciò che subiscono questi immigrati durante la loro ‘sosta forzata’ nei paesi nordafricani che si affacciano nel Mediterraneo non è più un mistero per molti: detenzioni arbitrarie, maltrattamenti, torture, violenze inenarrabili. Non si contano ormai i libri (si veda fra tanti: Mamadou va a morire. La strage dei clandestini nel Mediterraneo) ed i film (si veda di recente: Mare chiuso), per non parlare delle denunce delle associazioni e delle innumerevoli ricerche ed analisi sociologiche che documentano – senza pietà – i dettagli raccapriccianti del razzismo di stato e popolare che viene scagliato contro gli immigrati sub-sahariani. Michel Peraldi e Smaïn Laacher sono soltanto alcuni tra gli studiosi che hanno denunciato con forza le violenze subìte dagli immigrate e dalle immigrate lungo il loro infinito tragitto africano verso l’Europa. 

Uno dei paesi che di recente si è maggiormente distinto per le sue politiche violente e razziste contro gli immigrati africani è il Marocco: immigrati catturati di notte e abbandonati nel deserto, detenzioni arbitrarie, ronde criminali contro gli immigrati.

L’ultimo rapporto dei Medici Senza Frontiere, dal titolo Violenza, vulnerabilità e migrazioni: bloccati alle porte d’Europa, dimostra esattamente questo: “più dura il soggiorno degli immigrati sub-sahariani in Marocco più aumenta la loro vulnerabilità”. Ai fattori che già predeterminano una soggettiva/oggettiva vulnerabilità, quali l’età e il sesso e il trauma subìto durante il processo di migrazione, si aggiungono – una volta bloccati in Marocco – le politiche e le pratiche di esclusione, discriminazione e abbandono perpetrate dallo stato marocchino. I dati riportati nel rapporto del MSF narrano, infatti, lo sfruttamento lavorativo e le misere condizioni di vita in cui vivono gli immigrati sub-sahariani in Marocco nonché la violenza criminale e istituzionale diffusa nei loro confronti. Colpiscono, in particolare, nel rapporto, i dati riguardanti il livello allarmante della violenza sessuale contro le immigrate. Sono questi i principali fattori che determinano le loro esigenze mediche e psicologiche, si legge nel rapporto dei MSF. Si denuncia inoltre che, a partire dal dicembre 2011, vi è stato un incremento significativo degli abusi e delle violenze nei confronti degli immigrati africani detenuti dalle forze di sicurezza marocchine. 

Il rapporto condanna con forza anche le pratiche violente e discriminatorie delle forze di sicurezza algerine e spagnole.  A proposito di quest’ultime, appare utile segnalare un video assai esplicativo del livello di violenza statuale contro gli immigrati. Il video – che sta facendo il giro del mondo – mostra chiaramente come un’imbarcazione della Guardia Civil spagnola compie, di proposito, manovre per rovesciare un gommone pieno di immigrati africani. Uno di loro, dopo il rovesciamento, è poi morto.

Giunge oggi la notizia che il governo marocchino avrebbe convocato l’ambasciatore spagnolo per chiedere chiarimenti su quanto si vede nel video. Verrebbe da ridere di questo crudele gioco tra le parti, se non ci fossero di mezzo le vite di uomini, donne e bambini in carne ed ossa.

 

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