Dopo avere tagliato settimana scorsa il rating sovrano del Paese, Fitch ha rivisto al ribasso anche il giudizio sulla maggior parte delle regioni, province e comuni italiani. In generale il declassamento è di un gradino, come fatto per il debito pubblico, portato da A- a BBB+. Le eccezioni sono rappresentate dalle regioni Valle D’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Lazio e dalle province di Bolzano e Trento, declassate di due gradini. I comuni di Roma e Milano vengono entrambi declassati a BBB+ da A-.

Confermati i rating di Calabria a BBB+ e Sicilia a BBB, mentre il comune di Napoli precipita a BBB- da BBB, appena un gradino dal livello “junk”, spazzatura. Non solo. La scure di Fitch si è abbattuta anche su una serie di società pubbliche. L’agenzia, tra i vari interventi, ha abbassato il rating di Poste italiane e Cassa depositi e prestiti a BBB+ da A-, mentre a Terna assegna un rating A- con outlook negativo dal precedente A. Confermato il giudizio su Acquedotto pugliese a BBB- con outlook negativo.

E, mentre Fitch declassa enti e istituti pubblici, un’altra società americana non nasconde il suo pessimismo sullo scenario italiano. Morgan Stanley ha tagliato le stime di crescita per la Penisola, assieme a quelle di Francia e altri Paesi. La banca d’investimento, si legge in un report, prevede ora che l’Italia chiuda il 2013 con un -1,7 per cento, contro il -1,2 per cento precedente. Morgan Stanley ha dato un 30 per cento di probabilità a una “paralisi politica durevole” che potrebbe provocare un calo del Pil 2013 di quasi il 3 per cento. Il 70 per cento di probabilità è assegnato invece a uno scenario più favorevole con un accordo su un pacchetto di riforme istituzionali, anche se “le riforme economiche probabilmente saranno rinviate ulteriormente”.

Secondo la banca americana, sarebbe inoltre “più difficile firmare il sostegno dell’Esm con Beppe Grillo piuttosto che con una coalizione fra centro-destra e centro-sinistra. E, nello scenario di base, l’istituto di credito americano si aspetta che l’Italia resti vicina al pareggio di bilancio primario, anche se “questo probabilmente continuerà ad avere ripercussioni negative per l’economia, ed è l’altra ragione principale, assieme alle deficienze strutturali, per cui la crescita italiana rimane stagnante”.

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