Il successo elettorale del Movimento Cinque Stelle non ha determinato solo una svolta politica radicale, con l’attuale empasse istituzionale, ma ha anche modificato notevolmente gli equilibri culturali espressi dalle trasmissioni televisive e dagli articoli giornalistici.

Vi sono almeno tre nuove “tipologie” comportamentali da approfondire.

La prima, molto presente nei dibattiti pubblici, è la figura dell’intellettuale “castuale”, ossia il tipico esponente della “casta” culturale, il “soggetto-oggetto colto” che entra nel circuito mediatico per incensare e demonizzare dall’alto, colui che ha sempre ragione perché – postfactum – espone un’analisi retrospettiva che gli garantisce un successo pregiudiziale.

Una seconda figura è quella dell’esponente della classe dirigente del centrosinistra disposto all’autoflagellazione: in che cosa abbiamo sbagliato? Possiamo rispondere per lui senza temere smentite: avete sbagliato nella scelta della futura classe dirigente che è spesso avvenuta, con un eufemismo, per “cooptazione”.

Ma c’è una terza “tipologia comportamentale” che emerge come novità assoluta dalle recenti elezioni politiche: il “simpatizzante” del Movimento Cinque Stelle, l’intellettuale-filosofo del movimento, colui che non ha mai avuto ascolto nella rete mediatico giornalistica contemporanea. Le sue argomentazioni vengono accolte con un atteggiamento “strabico”: da un lato, con sufficienza controllata; dall’altro con una ricusazione disgustata.

Confrontiamo la prima e la terza figura comportamentale: l’intellettuale “castuale” è trasversale, non ha più una coloritura politica definita, sta al di sopra di tutto e di tutti, le sue previsioni sono spesso fallibili anche se i suoi giudizi retrospettivi corretti.

L’ intellettuale “simpatizzante” di Grillo, invece, è un volto nuovo accompagnato da argomentazioni e ipotesi diverse da quelle consuete, non una saggezza o lungimiranza garantita ma una verità lacerante e lacerata.

Il discrimine sta proprio nella rivendicazione di umiltà di alcuni esponenti del centrosinistra più avvertito che sembra riconoscere di aver sbagliato nella selezione dei successori e dei consiglieri del principe: sono stati scelti per cooptazione, ossia con un metodo che – come la genealogia puramente passiva dei matrimoni fra consanguinei – è destinato rapidamente a decadere, deteriorando la stessa struttura che avrebbe dovuto far progredire.

Non si tratta di salire sul carro del vincitore, ma di saper cogliere in profondità l’innovazione prodotta dal Movimento Cinque Stelle: la fine della legge ferrea della “cooptazione” che ha sovradimensionato la sfera politica destabilizzando tutte le istituzioni e strutture pubbliche e private.

Non sono tra coloro che hanno votato il M5S ma non posso non riconoscere questa svolta decisiva. Certo, vi è anche l’inesperienza ma è opportuno riconoscere che tra gli eletti del Movimento sono rappresentati tutti i ceti sociali e non solo il ceto politico che ha deciso di svilupparsi per partogenesi.

Su questo è necessario riflettere per comprendere a pieno quella “rivoluzione” anche culturale che è avvenuta con il successo del Movimento di Grillo: una ricerca nuova della leadership, una diversa selezione della classe dirigente che dia voce finalmente a tutti coloro che sono stati esclusi pregiudizialmente dal dibattito pubblico contemporaneo.  

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