Ho deciso di essere tra i promotori dell’appello a Beppe Grillo e al Movimento 5 stelle voluto da Barbara Spinelli, e da sabato online sul sito di «Repubblica», perché non voglio più aspettare.

Per metà della mia vita ho vissuto in un Paese sfigurato dall’illegalità eretta a sistema da Silvio Berlusconi, dove ogni principio fondamentale della nostra Costituzione è stato ribaltato nel suo contrario, fino alla costruzione di un antistato annidato nello Stato. Nell’ultimo anno, col governo Monti, al dominio dell’antistato si è sostituito un culto pressoché religioso del dio mercato. E tutto questo è avvenuto con la complicità, attiva o passiva, di una gran parte della classe dirigente di quello che oggi si chiama Partito Democratico.

Le ultime elezioni, per la prima volta in vent’anni, creano le premesse per cambiare lo stato delle cose. Come ora dice un analogo appello promosso da Michele Serra, il Parlamento più femminile e giovane d’Europa può davvero fare la differenza. Ed è innegabile che in questa rivoluzione, per ora solo potenziale, il Movimento 5 Stelle ha avuto un ruolo determinante, perché ha offerto ai cittadini un canale verso le istituzioni.

L’appello che ho firmato si rivolge proprio ai cittadini divenuti parlamentari nelle liste a 5 stelle. Per dire questo: le aspirazioni e i desideri di chi vi ha votato coincidono almeno in una parte significativa con quelle di coloro che hanno votato (nonostante tutto) il Partito Democratico, o la sua coalizione (come me: che ho votato Sel perché credo nelle idee della sinistra, e non mi fido di chi ha governato con Berlusconi). La prima di queste aspirazioni è tornare alla legalità costituzionale. Per esempio attraverso una legge che ci permetta di avere un parlamento di eletti, e non di nominati; per esempio attraverso una vera legge sul conflitto di interesse; per esempio attraverso una dura legge anticorruzione; per esempio attraverso una vera tutela del diritto all’istruzione, all’ambiente (una delle 5 stelle che danno il nome al Movimento), alla cultura.

Ora questo Parlamento può fare almeno alcune di queste cose. A me, come a moltissimi altri cittadini, non interessa con quali formule politiche. Ci interessa di non sprecare questa occasione. E per questo chiediamo impegno, non disimpegno. Chiediamo di provarci, e di non fuggire. L’obiettivo di raggiungere il 100% dei voti è, spero, solo un artificio retorico. E capisco perfettamente quanto sia difficile governare con chi fino a ieri lo ha fatto con Berlusconi.

Ma ora è il momento di trasformare la speranza in governo, la denuncia in azione, la sacrosanta distruzione in ricostruzione civile.

Beppe Grillo non ha risposto agli argomenti del nostro appello, ma ci ha presi in giro attraverso una famosa e bellissima canzone di Giorgio Gaber. Sono vent’anni che Berlusconi insulta chi per professione dovrebbe pensare con la propria testa. E più di recente ha cominciato a farlo Matteo Renzi. Niente di nuovo, dunque.

L’unica risposta possibile è invitare Grillo a distinguere. Barbara Spinelli è forse l’unica giornalista di «Repubblica» che è stata capace di comprendere e raccontare la sollevazione che ha portato al trionfo del Movimento 5 stelle. Salvatore Settis è un punto di riferimento per la cittadinanza attiva di tutta Italia, che si specchia e cresce attraverso il suo ultimo libro, che si chiama Azione popolare. Cittadini per il bene comune. Sarà un caso che Dario Fo abbia detto che vedrebbe bene Settis al Quirinale? E per quanto riguarda (molto più modestamente) me, le querele che ho preso scrivendo su il Fatto Quotidiano sono arrivate tutte da cosiddetti intellettuali posizionati tra Pd e Monti (da Carandini a Ornaghi). E, a proposito di appelli, uno dei due che ho promosso ha salvato la biblioteca dei Girolamini, portando in carcere il braccio destro di Dell’Utri.

E dire (come ha fatto Grillo) che l’appello sia stato sollecitato dal Pd è pura follia: la maggior parte delle cose che ci sono scritte fanno arricciare il naso al notabilato di quel partito. Col quale, peraltro, nessuno dei firmatari ha rapporti diretti.

Ma il punto non è quello che dice Grillo. Il punto è che abbiamo firmato quell’appello come cittadini che si rivolgono ad altri cittadini. E il punto è soprattutto quello che vorranno fare i cittadini eletti in Parlamento dal popolo italiano.

Le 42mila persone che hanno già firmato l’appello non sono intellettuali come quelli sfottuti da Gaber. Sono cittadini che chiedono quello che chiediamo noi: che non si rimandi ancora il momento in cui rivoltare il Paese dalle fondamenta.

È il momento di cambiare. Finalmente possiamo farlo: perché aspettare ancora? Se non ora, quando?

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