Lo stallo dell’Italia riflette un rifiuto dell’Europa? Analisi del nostro collaboratore Fabien Cazenave, autore del sito europeo Le Taurillon.

I risultati delle recenti elezioni politiche in Italia sono una vera sorpresa. Nessuna maggioranza reale ed effettiva si è concretizzata e i due candidati più populisti sono arrivati secondo e terzo. Beppe Grillo e Silvio Berlusconi non solo hanno tenuto discorsi irrazionali pieni di promesse populiste, ma hanno fatto dell’Europa l’obiettivo prioritario delle loro accuse. Gli elettori italiani li hanno ascoltati e hanno ignorato il super esperto europeo Mario Monti. La conclusione quindi è che l’Europa era il motivo principale del risultato elettorale italiano?

1) Il rifiuto di un’Europa troppo complicata
Come nel  2005 in Francia, gli elettori hanno voluto dire un grande basta a un’Europa che non riescono più a capire. Come in Francia, l’Europa è stata il fulcro delle discussioni elettorali e i discorsi degli euroscettici sono stati molto più efficaci di quelli dei filoeuropei. Questa volta, l’Europa paga un discorso considerato come troppo favorevole all’austerità a discapito dei cittadini. Naturalmente, c’è una parte populista che parla dell’Europa come di colei che tutela i banchieri, le classi privilegiate, i mercati e gli interessi politici. Tuttavia, i risultati delle elezioni italiane dimostrano che il messaggio trasmesso dal referendum del 2005 non è stato recepito dalla classe politica europea.

Il fatto che i nostri capi di stato e di governo cooperino a livello europeo per combattere il deficit è cosa buona. Ma la mancanza di prospettive politiche forti e ambiziose, oggi diventa la vera debolezza del discorso europeo. Il bilancio europeo chiuso a tarda notte in occasione dell’ultimo Consiglio europeo di Bruxelles ne è un esempio eclatante. Gli investimenti in Europa sono stati ridotti per l’assenza di idee a livello europeo per rilanciare l’economia.
Se il messaggio inviato ai cittadini è quello di spiegare che non si può fare molto a livello europeo perché “è complicato”, è logico che gli elettori daranno ascolto a coloro che parlano in maniera più comprensibile e coinvolgente, anche se poi questo va a scapito dell’idea europea.

2) Mario Monti: la competenza non è più sufficiente
Il risultato di Mario Monti in queste elezioni è stato estremamente deludente. Essere il Presidente del Consiglio italiano in carica e non riuscire a valicare la soglia del 10% è il segnale di un grande fallimento. Eppure l’Italia ha avuto in lui una guida seria, intelligente, che godeva della fiducia dei suoi omologhi a livello internazionale. Molti sono coloro che lo parleranno di lui come di un tecnocrate. Coloro che hanno letto il suo libro scritto in collaborazione con Sylvie Goulard dal titolo “Dalla democrazia in Europa” sapranno però che rappresenta molto di più. In questo libro, Mario Monti spiega molto chiaramente che qualsiasi decisione politica si deve assumere solo basandosi sul beneficio che ne trarrà la popolazione. Una posizione ben distante da quella che viene attribuita alla maggior parte dei tecnocrati. Del resto, il suo bilancio alla guida dell’Italia dopo la devastazione dei conti pubblici causata del precedente governo Berlusconi è stato notevole, ma non abbastanza per gli elettori.
Di fronte ai discorsi populisti degli estremisti, la prima risposta deve essere un’ambizione per l’Europa

3) I veri europeisti devono coinvolgere i capi dei partiti politici
Tutti i nostri leader politici oggi sono degli europeisti poco convinti . Fanno l’Europa perchè costretti, la considerano  come un obbligo, piuttosto che uno strumento. La competenza non basta più. Pertanto per le prossime elezioni europee del 2014 occorre che i partiti politici tra le loro fila, candidino non gli esperti europeisti, non chi ha bisogno di essere ricollocato, ma i tedofori della fiaccola europea. Perché la prima risposta da contrapporre ai discorsi dell’estrema sinistra o dell’estrema destra, dovrebbe essere un’ambizione per l’Europa. I discorsi logici, a metà strada tra la salvaguardia degli interessi nazionali e il desiderio di fare piccoli passi avanti nella costruzione europea non soddisfano più gli elettori.

4) Bisogna politicizzare l’Europa
Considerare l’UE come un luogo neutrale dove esiste solo l’interesse generale europeo, è una finzione che gli elettori non desiderano più. Nel 2005 in Francia, gli europeisti di sinistra non hanno mai saputo trovare argomenti contro la campagna per il “no” [al referendum per la ratifica della Costituzione europea, bocciata dal voto contrario dei lavoratori, N.d.T.] della sinistra antieuropeista, secondo cui la Costituzione era di destra o neoliberale.
In Italia nel 2013, l’Europa di Bruxelles esiste solo per difendere gli interessi dell’austerità. Ma l’austerità non è un obbligo economico, è una scelta politica. Pertanto, è giunto il momento di interrompere il discorso di un José Manuel Barroso che ci spiega che rifiuta la politicizzazione fra destra, sinistra, centro ed ecologisti del Parlamento europeo, con il pretesto che bisogna far fronte comune contro gli euroscettici. Sono anni che si fannno questi discorsi, i sostenitori di questa visione dell’Europa devono ammettere di aver fallito.

5) Stabilire maggioranze politiche chiare
In Italia, non era chiaro con chi Mario Monti avebbe governato. Questa mancanza di chiarezza ha dato maggior forza ai discorsi più coinvolgenti di Berlusconi e Grillo. Nel Parlamento europeo, ci ritroviamo nella stessa situazione, ossia quella in cui l’elettore non è a conoscenza in anticipo della maggioranza che va a votare. Infatti, a causa della rappresentanza proporzionale e il rifiuto dei maggiori partiti di allearsi sulla base di un programma comune, i partiti si sono frammentati e è venuta a mancare una maggioranza chiara. La Commissione europea ha avuto l’opportunità per darsi da fare nel suo ambito. Speriamo che i partiti politici europei nel 2014 sappiano delineare i contorni di maggioranze politiche chiare per gli elettori, in mancanza di una riforma elettorale (complicata da mettere in piedi) che permetterebbe di fare emergere naturalmente una maggioranza reale. Il fatto che i partiti politici europei saranno in grado di imporre il colore politico del futuro Presidente della Commissione dovrebbe semplificare l’Europa per i cittadini. In Francia si sa già che i socialisti e i verdi che arrivano primi, formeranno una coalizione  in parlamento. Perchè non tentare questo schema a livello europeo, per esempio?

Queste elezioni italiane devono farci rendere conto che è giunto il momento di politicizzare l’Europa per renderla più leggibile agli elettori. Altrimenti avremo sempre persone scontente a forza di scendere a compromessi per tutelare i minimi interessi comuni. L’Europa nella sua globalità sarà giudicata dai lettori come responsabile dei loro malesseri, mentre si tratta soprattutto di mancanza di ambizione dei nostri governanti che si rifiutano di agire da leader europei. Politicizziamo l’Europa, i suoi avversari lo stanno già facendo e avanzano in ogni elezione proprio grazie a questo.

Articolo originale di Fabien Cazenave per L’express del 27.02.2013.

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