Quando ho letto della vostra iniziativa, sono andato a riprendermi i giornali del 23 maggio e del 19 luglio del 1992 per riportare la mia memoria indietro di 20 anni e provare a capire cosa si diceva allora e cosa è cambiato dopo tanto tempo.

Oltre a sottolineare l’enormità delle stragi in cui Falcone e Borsellino hanno perso la vita, i giornali dell’epoca riportavano allarmati pareri di tutto il mondo politico, parlando di “Attacco allo Stato”, “istituzioni democratiche in pericolo” e della necessità di una “pronta e ferrea reazione contro la mafia”.

Quello che stiamo scoprendo 20 anni dopo racconta un’altra storia, completamente diversa e passata, come tante altre, inconfessabilmente sopra le nostre teste di cittadini. La storia di uno scontro sferrato dalla mafia contro i referenti politici del tempo, dopo la conferma delle condanne per il maxiprocesso. La storia della ricerca di una trattativa con nuovi referenti per instaurare nuovi equilibri dentro le istituzioni.

Dunque, di quale Stato e di quali istituzioni democratiche stiamo parlando in realtà?

Le reazioni dopo le stragi di capaci e via d’amelio avrebbero senso se la mafia fosse un male all’interno di un organismo sano. Suonano, invece, del tutto vacue e non credibili di fronte ad una organizzazione criminale che fa storicamente parte organica del sistema di potere che vigeva e purtroppo continua a vivere ancora oggi nel nostro paese.

In un paese normale, dove lo Stato funziona davvero, è realmente al servizio dei cittadini e fa rispettare regole condivise, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sarebbero magistrati che fanno “semplicemente” e “normalmente” il proprio dovere e che vengono messi dallo Stato nelle condizioni di svolgere il proprio mestiere nel migliore dei modi.

La realtà del nostro paese li ha costretti, invece, a diventare eroi, servitori dello stato che si immolano per un ideale di giustizia.

Quello che è successo dà esattamente il senso dell’enormità del compito che Falcone e Borsellino hanno dovuto affrontare e la schiacciante solitudine che li ha progressivamente e ineluttabilmente portati alla fine.

Massimiliano Sacchetti