La banca francese Credit Agricole cede all’Antitrust e si libera della tanto criticata partecipazione in Intesa Sanpaolo, registrando una minusvalenza di 445 milioni di euro. La crisi economica, l’altalena dei mercati finanziari e le continue proroghe hanno posticipato l’uscita dell’istituto francese dalla banca di Giovanni Bazoli. Ma dopo anni di pressing da parte delle autorità, secondo quanto emerge dalla relazione sui conti del 2012, Credit Agricole ha venduto l’intera quota nel secondo semestre dell’anno scorso.

Il socio francese di Intesa Sanpaolo era finito sotto i riflettori delle autorità in quanto concorrente sempre più forte sul mercato nazionale. Un motivo ulteriore di attenzione era il patto di consultazione che l’istituto francese e le Generali avevano su Intesa Sanpaolo a partire dal giugno 2009, che intrecciava ancora di più i rapporti di interesse. L’Antitrust, all’epoca guidata da Antonio Catricalà, impose quindi ai francesi di sterilizzare i diritti di voto sulle quote in Intesa Sanpaolo e di avviare un piano di dismissione del pacchetto fin sotto la soglia del 2 per cento.

La banca francese, così, dal febbraio del 2011 è dovuta scendere man mano da quel 5,8 per cento iniziale, riuscendo, tra proroghe e autorizzazioni dell’Antitrust, a portarsi sotto la soglia decisa soltanto lo scorso agosto. Una riduzione graduale e lenta dovuta soprattutto alla crisi dei mercati azionari. La completa uscita di Credit Agricole, quindi, non sposta in alcun in modo gli equilibri di Intesa, considerato anche che le azioni ancora in pancia ad Agricole avevano i diritti di voto sterilizzati. La mossa di Credit Agricole ha provocato un leggero calo del titolo dell’istituto di credito italiano, che a metà giornata cede lo 0,5 per cento a 1,38 euro per azione.

Oltre alla fuga da Intesa Sanpaolo, la relazione di Credit Agricole sui conti del 2012 mostra che la banca francese ha chiuso il 2012 con una perdita netta di 6,47 miliardi di euro. Il rosso della banca francese, che ha avviato durante il 2012 una profonda e costosa revisione in particolare nell’Europa mediterranea, è il risultato di una serie di eventi: una maxi svalutazione inserita nei conti del quarto trimestre, insieme all’impatto di una rivalutazione del debito, per un effetto negativo totale di 4,53 miliardi. E in questo quadro non ha certo aiutato la minusvalenza di 445 milioni registrata per la cessione della quota in Intesa Sanpaolo.

Articolo Precedente

Istat, crollano gli ordini nell’industria (-15,3%) e nell’edilizia (-14%)

next
Articolo Successivo

L’Imu, la Svizzera e il Sole 24 Ore

next