Ridurre le vacanze estive aiuterebbe le famiglie meno abbienti e l’istruzione dei loro figli, riducendo divari di apprendimento causati dalle lunghe pause. Ma i continui tagli alla scuola, il clima e le infrastrutture inadeguate renderebbero difficile una riforma del calendario scolastico.

di  e , Lavoce.info, 15 Febbraio 2013

Durata lo spazio di una notte e poi smentita, la presunta proposta del premier Mario Monti di tenere chiuse le scuole solo un mese durante l’estate ha suscitato critiche da ogni parte: dei sindacati dei presidi, degli insegnanti e degli studenti che sui social network minacciavano di legarsi ai cancelli delle scuole.

Al di là di polemiche e smentite il tema merita attenzione. In Italia le ore totali di insegnamento sono di più che in altri paesi. Come si vede dal grafico 1, i nostri studenti hanno più ore di scuola rispetto alla maggior parte dei paesi Ocse. Allo stesso tempo però siamo, tra i paesi dell’Unione Europea, uno di quelli che fa la pausa più lunga durante l’estate (grafico 2).

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Fonte: OECD Education at a Glance, 2012. I dati si riferiscono alla media delle ore totali di insegnamento annuali ricevute dagli studenti (di età tra i 7 e gli 8 anni, tra i 9 e gli 11 anni, tra i 12 e i 14 anni, 2010)

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Fonte: Eurydice (2012)

Inoltre gli insegnanti italiani sono pagati meno della media Ocse, anche se a giugno e luglio sono retribuiti come se avessero normale orario scolastico. Una volta completate varie attività (consigli di classe, debiti formativi, esami per gli studenti dell’ultimo anno), i docenti sarebbero quindi a disposizione per il resto di luglio e per i primi giorni di settembre. C’è poi il fattore clima: è impensabile un sistema di apprendimento in un’aula con 40 gradi, temperature non rare a luglio e ad agosto al Sud e in molte grandi città italiane. Dotare tutti gli istituti di sistemi d’aria condizionata è utopia visto che molti edifici scolastici cadono letteralmente a pezzi.
Ciononostante le vacanze e in particolare la lunga pausa estiva comportano una serie di criticità, soprattutto per le famiglie più svantaggiate. Sia per i genitori che per i figli.

L’apprendimento durante le vacanze

Per i genitori la questione è ovvia: un nucleo famigliare in cui entrambi i genitori lavorano – e ancor più un genitore single – ha seri problemi di organizzazione durante i periodi di vacanza scolastica. Solitamente la rete di sostegno è basata sui nonni, ma non è scontato che siano ancora in vita, o in grado di occuparsi dei nipoti per un lungo periodo. L’impatto economico per le famiglie a basso reddito può quindi essere rilevante. L’obiezione a questa osservazione è che il compito della scuola pubblica, soprattutto se alle prese con continui tagli, non è guardare i figli perché i genitori possano lavorare, ma offrire loro una formazione adeguata ed equa.
E per i figli? La letteratura accademica è ricca di studi che documentano l’impatto delle ferie sull’apprendimento. Il risultato è preoccupante: gli studenti delle famiglie più svantaggiate subiscono le conseguenze in modo maggiore rispetto agli studenti delle famiglie benestanti.

Lo studio che copre più paesi è di Victor Lavy, che analizza l’impatto delle ore a scuola sui ragazzi di 15 anni in circa cinquanta dei paesi che partecipano ai test Pisa dell’Ocse. (1) Il risultato è che l’effetto di un maggior numero di ore scolastiche è forte e positivo, soprattutto per le bambine, per gli alunni con basso status socioeconomico e per gli immigrati. Una ricerca condotta nel 2011 dalla Rand Education e laWallace Foundation negli Stati Uniti – paese con uno dei calendari scolastici più leggeri a livello internazionale e con tre mesi di vacanze estive – ha provato a stimare l’effetto sul livello di apprendimento. (2) Ne risulta che la perdita delle conoscenze durante l’estate non è equa e contribuisce in maniera determinante ad accentuare nel tempo il gap di apprendimento fra allievi poveri e benestanti. Il grafico 3 mostra i risultati di uno studio analogo condotto presso gli studenti delle elementari di Baltimora. (3) Come si può vedere la discrepanza si forma principalmente durante i mesi delle vacanze estive. Se nel periodo invernale i risultati dei bambini con alto status socioeconomico (Sse) sono comparabili a quelli degli altri alunni, durante le vacanze estive migliorano, quando invece rimangono costanti, se non negativi, per il resto degli studenti.

 Grafico 3

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Le ragioni possono essere molteplici: una famiglia più ricca è in grado di offrire al figlio maggiori canali di istruzione alternativi, come corsi di lingua, di musica, viaggi e altre svariate forme di arricchimento socioculturale a cui il bambino di basso reddito ha meno possibilità di accedere.

Il fenomeno comincia a essere sempre più analizzato e inserito nelle agende politiche: nel 2008 nel Regno Unito – dove il fattore climatico è marginale – è stata varata una riforma del calendario scolastico con “dispersione” dei giorni di ferie e sole sei settimane di vacanze estive. In Francia, Francois Hollande si è detto favorevole ad aumentare i giorni di scuola da quattro a quattro e mezzo (attualmente il mercoledì è di riposo e negli altri giorni l’insegnamento è esteso al pomeriggio).

Negli Stati Uniti, già nel suo primo mandato, Barack Obama aveva affrontato la questione, dichiarando: “non possiamo permetterci un calendario scolastico programmato quando l’America era ancora una nazione di contadini che avevano bisogno che i loro figli aiutassero a lavorare la terra. Al giorno d’oggi un calendario di questo tipo è uno svantaggio competitivo […] le sfide del nuovo secolo richiedono più tempo in classe”. (4)
In Italia le infrastrutture fatiscenti e il basso livello di retribuzione degli insegnanti rendono il problema spinoso visto che, in un contesto di continui tagli, non è possibile fare proposte che pesino sul bilancio dello Stato.

In ogni caso, l’evidenza empirica mostra che se si riducono i lunghi periodi di vacanza, si ottengono non solo benefici per le famiglie meno abbienti, ma anche una riduzione del gap di apprendimento tra allievi benestanti e poveri. In un paese con bassa natalità e scarsa mobilità sociale non sono certo fattori trascurabili.

(1) http://www.nber.org/papers/w16227
(2) http://www.rand.org/news/press/2011/06/13.html
(3) http://brettberk.com/wp-content/uploads/2009/07/april07asrfeature.pdf. Lo studio si basa su circa 400 alunni di 22 scuole elementari selezionate casualmente a Baltimora. I test venivano effettuati due volte all’anno, permettendo così di comparare la differenza nelle performance nei diversi periodi dell’anno. Nel grafico è riportato il risultato del gap complessivo durante i 5 anni di scuola elementare.

(4) http://www.whitehouse.gov/the-press-office/remarks-president-united-states-hispanic-chamber-commerce

 
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