“La tangente è un fenomeno che esiste ed è inutile negare questa condizione di necessità”. Commentando ad Agorà l’inchiesta Finmeccanica e l’arresto del presidente Orsi, Silvio Berlusconi ha ribadito la scelta di campo sua e del Pdl. In Italia esiste un’illegalità diffusa – dallo scontrino mancato alla criminalità organizzata – e Berlusconi ha scelto di rappresentarla politicamente, alla luce del sole. Raccogliendo i consensi anche di quest’area di “opinione” – ripetutamente ricompensata con condoni tombali, scudi fiscali e depenalizzazioni varie- a dieci giorni dal voto del 24-25 febbraio.

Nel suo intervento su Raitre, il leader del Pdl si riferiva alla corruzione internazionale, secondo lui necessaria se si vogliono fare affari “con qualche regime o Paese del Terzo mondo”. Ma il suo atteggiamento è identico verso le tangenti genuinamente nostrane. Durante il governo Monti, il Pdl ha fatto muro contro ogni inasprimento della legge anti-corruzione rispetto al testo scritto nel 2010 dai ministri del centrodestra Alfano-Bossi-Calderoli-Brunetta, e universalmente giudicata acqua fresca. Per l’esecutivo dei tecnici è stato molto più faticoso strappare il sì dei berlusconiani sulle – pur leggere – modifiche a questo provvedimento che sull’Imu, sulla quale ora il Cavaliere si straccia le vesti in tv. Alla votazione finale alla Camera, il 14 giugno dell’anno scorso, ben 112 deputati del Pdl su 210 hanno fatto mancare il loro sì. “Non glielo ordina il medico a un governo tecnico di occuparsi della corruzione”, è stato il significativo commento di Fabrizio Cicchitto, accolto da un istintivo applauso di Silvio Berlusconi seduto in platea ad ascoltarlo

Il muro di protezione è scattato regolarmente di fronte a tutti gli esponenti del Pdl e dintorni coinvolti in inchieste giudiziarie, da Previti a Dell’Utri, da Milanese a Cosentino, per non parlare dello stesso Berlusconi. Un condannato definitivo per corruzione, l’ex manager Fininvest Salvatore Sciascia, è stato portato in Parlamento. Gli scandali che hanno coinvolto il centrosinistra sono diventati naturalmente terreno di battaglia politica, ma più all’insegna del “così fan tutti”.

Esemplare il caso Penati. Il dirigente (autosospeso) del Pd, accusato di corruzione altri reati, è spesso citato dal Pdl per parare colpi sulla questione morale. L’ex sindaco di Sesto San Giovanni non è neppure stato rinviato a giudizio e gran parte delle accuse nei suoi confronti si reggono sulle dichiarazioni di due imprenditori, Piero Di Caterina e Giuseppe Pasini. Quest’ultimo ha raccontato spontaneamente ai giudici di aver pagato valanghe di mazzette a Penati per un importante intervento urbanistico sull’area Falck. Pasini è stato candidato sindaco di Sesto San Giovanni del Pdl nel 2007, e poi consigliere comunale. Le sue confessioni sono diventate pubbliche nel luglio 2011. Da allora, nel Pdl nessuno ha mai pensato di chiedergliene conto. 

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