L’Inter, come squadra di calcio, è nata il 9 marzo del 1908, sotto la costellazione dei Pesci.

In una delle interpretazioni più convincenti della sequenza zodiacale, il passaggio dal primo segno, l’Ariete, all’ultimo, i Pesci, è contrassegnato da una tendenza gradualmente ascensionale: si parte dal segno più istintuale per raggiungere quello più elevato. Un percorso che procede dall’affermazione terrestre alla liberazione dall’istinto. I pesci, quindi, sono il segno zodiacale più ‘mistico’.

Ho scelto consapevolmente un percorso irrituale, quello astrologico, per approfondire la personalità e l’essenza della squadra “Inter”. L’Inter, se ci riferiamo alla sua ascendenza zodiacale, è una squadra ‘mistica’, capace di impennate, ma anche di cadute clamorose.

Nella sua storia, infatti, ha avuto bisogno di un allenatore-redentore, capace di correggerne le volubilità, le contraddizioni, le improvvisazioni. Per ben due volte, l’Inter ha trovato questa figura particolarissima dell’allenatore-condottiero: Helenio Herrera e José Mourinho.

Helenio Herrera interpretava questo ruolo in maniera esemplare. Narra a tal proposito Flora Gandolfi nel libro a lui dedicato Maghi si diventa: “La sua più grande qualità era il potere di farti sentire migliore, di trasformarti in un essere capace di non sentire il dolore, le stanchezze, di farti diventare invulnerabile, come un eroe o un dio della mitologia pagana. Infondeva con la sua parola una forza speciale, una luce interna fortissima, che ti trasformava: come un gioiello ‘non ti fa più bello, ma ti fa sentire più bello’. Il suo filtro magico era un elisir di volontà.”

È interessante osservare come lo stesso vocabolario della Gandolfi, la seconda compagna di Helenio Herrera, risenta di uno schema ‘religioso’: ‘un dio della mitologia pagana’, ‘una luce fortissima’, ‘il suo filtro magico’, ‘elisir di volontà’. Un volontarismo estremo come redenzione dalla ‘caduta’ e promozione per una nuova elevazione.

Lo stesso avviene con il secondo allenatore, José Mourinho, che redime il destino dell’Inter, capovolgendone la sequenza: da vittima predestinata a vincente incondizionata. Anche Mourinho, quindi, assume le sembianze di un condottiero religioso.

Uno dei più interessanti neurobiologi in attività, Antonio Damasio, anche lui portoghese, ha scritto la prefazione al Mourinho, questioni di metodo dedicato agli schemi psicologici e sportivi dei suoi sistemi di allenamento. Mourinho, dice Damasio, imposta il rapporto con i giocatori e con la squadra come un’antica ‘narrazione’ in cui le vittorie costituiscono esclusivamente la ‘ricompensa’ e la ‘redenzione’ dalla caduta. Ancora una volta, quindi, uno schema religioso che funziona perfettamente per una squadra ‘mistica’ come l’Inter.

Qual è la situazione attuale, dopo l’addio di Mourinho?

Un declino, una deriva senza via d’uscita, favorita anche dagli errori gestionali e dall’atteggiamento puramente ‘difensivo’ della dirigenza interista dopo il più grande attacco concentrico contro la sua memoria storica (Giacinto Facchetti). Quasi una resa senza condizioni, come se la dirigenza si fosse colpevolizzata per aver aperto un ciclo di vittorie dopo diciassette anni in Italia e dopo quarantacinque in Europa e nel mondo.

Anche la scelta dell’allenatore, il dottor Andrea Stramaccioni, va nella stessa direzione: un disarmo generalizzato e senza reciprocità alcuna. Un allenatore che tutto dimostra meno che il volontarismo: non riesce a trasmettere il senso della vittoria alla propria squadra. I suoi proclami, infatti, sono come le profezie dei Maya: non si avverano mai. Andrea Stramaccioni non potrà mai essere il terzo condottiero religioso che guiderà l’Inter a un nuovo ciclo vincente.    

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