Striscioni di denuncia, cori, volantini. A distanza di un anno e mezzo gli Indignados di Parma ritornano sotto i Portici del Grano. Non per chiedere la testa degli amministratori, come quando nell’estate del 2011 gridavano a gran voce contro l’ex sindaco Pietro Vignali, ma per pretendere di essere ascoltati da Federico Pizzarotti. Riuniti nel coordinamento La Piazza, i militanti l’avevano giurata da settimane al primo cittadino Cinque stelle: tornare sotto il Municipio per chiedere di congelare il bilancio preventivo e di rinviarlo, proprio nel giorno in cui il consiglio comunale avrebbe dovuto votare il documento. E così è stato. In un centinaio hanno manifestato, con una domanda chiara, scritta nero su bianco, per gli amministratori Cinque stelle: “Con la città o con le banche?”

La richiesta è di rinegoziare il debito del Comune di Parma con le banche, un debito di circa 840 milioni di euro ereditato dalla precedente giunta di centrodestra, tramontata tra le proteste con le dimissioni di Vignali (ora coinvolto nell’inchiesta Public Money). “Noi non contestiamo il bilancio, ma il fatto che si faccia senza distinguere tra illecito e lecito” spiega Cristina Quintavalla della Commissione Audit per il debito pubblico. Nel mirino le società partecipate, prima di tutte Spip che “pesa 108 milioni di euro di debito verso le banche per colpa delle speculazioni” e soprattutto le responsabilità dei passati amministratori che ricadono sui cittadini, con i tagli al sociale previsti dal documento, o le tariffe al massimo in un contesto di pesante crisi economica.

La piazza aspetta Pizzarotti per “interrogarlo” e il sindaco alla fine scende dal palazzo per rispondere. È la prima prova di dialogo, dopo mesi di tensione tra Cinque stelle e movimenti cittadini. Un confronto serrato di circa un’ora, che non basta a chiarire una volta per tutte i temi sotto accusa, ma che sancisce una sorta di apertura tra i due fronti. “Grazie per essere qui, non tutti i sindaci lo avrebbero fatto” lo accoglie Quintavalla, e il ricordo va ancora al 2011, quando sindaco e assessori si barricavano in Municipio per sfuggire all’assalto dei manifestanti. “La nostra impressione però – continua la rappresentante – è che vi siate arroccati sulle vostre scelte senza condividerle con i cittadini. Il bilancio non è dell’amministrazione Cinque stelle, ma della città che lo paga”.

Pizzarotti replica, cerca di spiegare: che “un conto sono i debiti del Comune, un conto quelli delle partecipate”, che “le regole si criticano per cambiarle, ma si devono rispettare”, che abbassare l’Imu “equivale a perdere 6 milioni di euro per ogni punto percentuale e non possiamo permettercelo”, che sforare il patto di stabilità vuol dire incorrere in sanzioni e “se lo fa Torino, che è del Pd, nessuno dice niente, ma se lo facciamo noi vengono a contarci anche i peli delle gambe”. E che il bilancio, si deve votare perché “un conto è dire le cose in piazza, un conto è firmare e prendersi la responsabilità di tutti i cittadini”.

Non tutte le spiegazioni soddisfano, e c’è anche qualcuno che ricorda a Pizzarotti che “è anche grazie a noi che adesso sei sindaco”. Alla fine però, tra le tante richieste avanzate, tra cui una vertenza con le banche e un tavolo per il lavoro, gli indignados riescono a strappare una promessa al primo cittadino: un tavolo di confronto con le realtà sociali di Parma.

Se sotto i Portici del Grano la tensione scema e Pizzarotti si salva dalla Piazza, al piano superiore, tra i banchi del consiglio comunale, la minoranza non perdona nulla. A infuocare i consiglieri d’opposizione sono l’aumento delle rette dei servizi per l’infanzia e la cancellazione definitiva del Quoziente Parma, il correttivo di tariffe già al centro della denuncia del Comitato Famiglie.

Da una parte i Cinque stelle (che in campagna elettorale avevano promesso di mantenere il Quoziente) sostengono che è iniquo e dispendioso: su 86mila famiglie, meno di 2mila hanno ottenuto benefici, e la giunta precedente aveva investito 118mila euro in consulenze, 82mila per il calcolo da parte dei Caaf, perdendo quasi 900mila euro di mancate entrate in due anni. Dall’altra l’opposizione compatta chiede la reintroduzione, che però viene negata, e punta il dito su una scelta ideologica, visto che il Quoziente è figlio della precedente giunta.

Lo scontro prosegue su altri ordini del giorno, la maggior parte dei quali viene bocciato, come la proposta di abbassare la pressione fiscale e l’aumento delle rette riducendo il fondo di riserva da 3 a 1 milione di euro. “Quando abbiamo chiesto di fare proposte – ribatte il sindaco – dovevo aggiungere che fossero sensate e avessero sostenibilità economica. Non mi sentirete fare promesse che non sono sicuro di mantenere. Siamo qui per i cittadini di Parma e non per campagna elettorale nazionale”. Alla fine il bilancio passa, tra le critiche dell’opposizione, con i voti favorevoli della sola maggioranza. “Una perfetta decrescita infelice” lo definisce il consigliere di Parma Unita Roberto Ghiretti, ma il capogruppo M5S Marco Bosi è soddisfatto “per essere arrivati sin qui da inesperti. Non è un bilancio perfetto, ma è quello più serio che siamo riusciti a produrre con la situazione che abbiamo trovato. In futuro lo miglioreremo”.

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