Il cinema italiano al tempo delle elezioni sogna nuovi orizzonti.

E per qualche giorno incontra i politici, che sembrano improvvisamente interessati al cinema italiano e alle sue sorti e non solo ai suoi voti. Per lo più, politici e cinema, si incontrano nei salotti di Roma, in incontri ristretti per pochi eletti, più finemente detti l’élite. E così anche i politici più illuminati, quelli che se vincessero un pochino le cose le potrebbero cambiare, distrattamente, o forse no, trascurano la base, cioè quelli che un nuovo cinema vorrebbero e potrebbero e qualche volta saprebbero anche farlo. La base, cioè quei produttori che sono troppo giovani perché le banche consentano loro di indebitarsi; quei registi che proprio non se la sentono di fare l’ennesimo rifacimento di un film già rifatto; quegli sceneggiatori che non vorrebbero necessariamente finire a scrivere, senza firmare, copioni tragicamente sempre uguali a quelli precedenti; quegli attori che non è colpa loro se non “fanno punteggio” al Ministero; quei tecnici che se non gli dai delle opportunità rimarranno sempre troppo inesperti.

Il cinema italiano al tempo delle elezioni pensa: finalmente questa volta cambia tutto. Basteranno pochi giorni per capire che il settore più in crisi del comparto Cultura, cioè quello su cui il nostro paese investe lo 0,11% del Pil, non conta proprio niente. E quindi non necessariamente cambierà. Tant’è vero che ci sono persone che siedono al tavolo del potere da vent’anni, magari ogni tanto si scambiano di sedia, ma sempre lì stanno.

Il cinema italiano al tempo delle elezioni a me fa tristezza, più che in altri momenti. Perché se uno come me alla fine ci va ad uno di questi incontri organizzati in un salotto di Roma, anche se non fa parte dell’élite ma forse è l’unico che sta esattamente sulla linea di confine tra chi ce l’ha fatta e chi non ce la farà mai, capisce che se nulla cambierà, anche stavolta, non è solo colpa dei politici ma anche di quelli che il cinema lo facciamo. Perché tutti abbiamo dimenticato quanto quest’arte, ma sì, chiamiamola così, senza paura e senza pudore, sia vitale quando diventa trasgressiva, innovativa, audace, utopista, rivoluzionaria. Tutte qualità ormai ignote al cinema italiano. Tutte qualità guarda caso di solito proprie dei giovani. Ma qualcuno si è mai soffermato sulle età di chi gestisce il potere cinematografico in questo paese? Fatelo se avete tempo e scoprirete che la persona più giovane, che guarda un po’ conserva la memoria di quello che è stato e non può determinarne il futuro se non in maniera molto indiretta, si chiama Emiliano Morreale, fa il conservatore della Cineteca Nazionale ed è nato nel 1973, quaranta anni, età di per sé non più propriamente giovane.

Il cinema italiano al tempo delle elezioni, si lecca le ferite dei milioni di spettatori persi, piange miseria, non osa più nulla senza capire che questo è l’atteggiamento proprio di chi si sta arrendendo, ma non molla la propria posizione di agonia perché comunque respira ancora e questo sembra bastare.

Il cinema italiano al tempo delle elezioni sogna nuovi orizzonti, come se ci fosse ancora un orizzonte.

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