Battistero di Firenze, portaLa “Porta del Paradiso” creata da Lorenzo Ghiberti per il Battistero di Firenze nel secolo XV (oggi sostituite da una copia moderna). Le dorature della porta originale sono state fatte con la tecnica dell’ “amalgama” che esponeva i lavoratori a vapori di mercurio – una sostanza estremamente tossica. (da Wikipedia)

Qualche migliaio di anni fa, qualcuno ha avuto l’idea di scaldare al fuoco un minerale rosso brillante, il “cinabro”. Il risultato è stato sorprendente: il cinabro solido si è trasformato in un metallo argenteo e liquido, il “mercurio” e che in antico si chiamava “argento vivo”. Per tanti secoli, è rimasto una sostanza affascinante, ma senza usi pratici. Però ci si accorse a un certo punto che il mercurio poteva formare una lega con l’oro che veniva chiamata “amalgama.” E si poteva fare anche il contrario: scaldando l’amalgama il mercurio evaporava e l’oro rimaneva.

In questo modo, si potevano fare delle dorature; una tecnologia che si sviluppò principalmente nel Medioevo. Era anche il tempo degli alchimisti, che erano affascinati da questo curioso metallo liquido che amava l’oro così tanto da scioglierlo. Speravano perciò di ottenere dal mercurio la famosa “Pietra Filosofale” che doveva trasformare metalli vili in oro. Era un sogno impossibile, un po’ come i nostri tentativi di ottenere “energia a costo zero”. Non solo; ma sia gli alchimisti che i doratori del Medioevo furono probabilmente le prime vittime dell’avvelenamento da mercurio.

Il fatto che il mercurio sia uno dei metalli più velenosi esistenti è apparso chiaro con gli anni, ma questo non ha impedito di usarlo estensivamente. Tutti abbiamo probabilmente ancora qualche vecchio termometro a mercurio in casa e lo si usava nell’industria per farci pompe, manometri, elettrodi, reagenti chimici e altre cose. Ma certi incidenti spettacolari resero il pericolo troppo evidente. Uno fu lo sterminio degli abitanti del villaggio giapponese di Minamata, avvelenati dalle emissioni di mercurio di un’industria chimica negli anni 1950.

Così, piano piano, il mercurio è stato eliminato da quasi tutti gli usi dove una volta era prevalente. Però, ne rimane uno dove non si riesce a farne a meno: le lampade fluorescenti “a basso consumo” che ne contengono, tipicamente, qualche milligrammo ciascuna. Cacciato via con i termometri, il mercurio ritorna nelle nostre case in una forma diversa, sia pure in quantità molto minori.

Certo, le lampade a basso consumo sono oggetti innocui finché sono intatte. Ma, se si rompono, possono essere pericolose, specialmente se la rottura avviene in locali chiusi e poco areati, anche perché perché nessuno sembra si sia preoccupato di informare gli utenti della necessità un’accurata areazione e pulizia dei locali.

E poi, c’è il problema dello smaltimento: se fatto correttamente, il mercurio delle vecchie lampade si recupera quasi tutto. Ma quante sono effettivamente riciclate? I dati che ho trovato (del 2009) parlano dello 0.34% in Italia!! Questo vuol dire che più del 99% del mercurio delle vecchie lampade finisce disperso nell’ambiente. Speriamo che le cose siano migliorate oggi, ma non ci spero troppo. Ma, perlomeno, da noi chi vuole veramente riciclare le lampade, lo può fare, sia pure con grossi grattacapi. Questo però non è possibile nei paesi poveri, dove gli impianti di riciclo proprio non ci sono.

Andrà a finire che dovremo fare come per il piombo nella benzina e obbligare per legge a fare “lampadine senza mercurio”? Può darsi e, per fortuna, ci sono delle alternative alle lampade fluorescenti nella forma delle lampade Led che non contengono metalli tossici e sono anche più efficienti. Aspettando che si diffondano, tuttavia, stiamo impestando mezzo mondo di mercurio. Come sempre ci impegniamo in questi grandi esperimenti su scala planetaria facendo tutti noi la parte delle cavie.

Articolo Precedente

Efsa e biodiversità, una battaglia attuale per l’agricoltura

next
Articolo Successivo

Gli alimenti e il consumo di acqua

next