Vigevano terra di mafia. Oggi come ieri. Droga, affari, politica. I boss, sfuggiti alle faide calabresi, in Lomellina hanno messo radici, comandato e guadagnato. Spesso nel silenzio delle istituzioni. Padrini con nome e cognomi: cosca Valle per capirci, quella che solo pochi mesi fa davanti alla Settima sezione del tribunale di Milano si è vista infliggere decine di anni di carcere. Usurai soprattutto. Con buoni quarti di nobiltà mafiosa. Un mix micidiale. Oggi i giudici condannano. Ma ieri no. Perché quella “non era mafia”.

Così per strappare i banditi dal cono d’ombra dell’omertà lombarda, ci volle la denuncia coraggiosa di una donna, vittima delle estorsioni. Un po’ folle, ma tanto ostinata. Le sue parole incastrarono l’associazione a delinquere. Metà anni Novanta: i magistrati misero agli atti nomi, ruoli e guadagni. Immobili anche. Puntualmente messi a sequestro. I vari gradi di giudizio confermarono e, in certi casi, mandarono assolti alcuni signori, che oggi si ritrovano alla sbarra per associazione mafiosa: cosca Valle-Lampada, evoluzione degli anni Novanta con declinazione politica. Tant’è. Quella donna coraggio nel 2000 mise a disposizione della comunità il suo dolore, la sua esperienza, la sua testardaggine.

E’ in quell’anno che Maria Grazia Trotti ottiene dal comune di Vigevano la villa di via Oroboni, antico bunker mafioso, per far nascere ‘Vigevano…libera’, associazione anti-racket, battezzata da don Luigi Ciotti, ma che con Libera nulla ha a che vedere. Dodici anni di vita e vittime ascoltate, salvate, messe a disposizione di chi indaga. Senza nulla a pretendere. Tanto è passato. Eppure oggi tutta questa esperienza rischia di finire. Complice il regolamento, approvato nel 2010 dal comune. L’associazione, infatti, se vuole mantenere la sua sede nella palazzina Pertini, deve pagare le utenze. Di più: lasciare una cauzione. Cifre modiche, ci mancherebbe. Circa 400 euro l’anno. “Eppure – dice la signora Trotti – non è tanto il denaro, quanto il principio”. Insomma, Maria Grazia Trotti non ci sta a vedere paragonata la sua associazione antimafia con altre associazioni, che pur hanno scopi nobili.

Lo dice senza alzare la voce. Eppure il caso, oggi ancora ricomponibile, rischia di esplodere in un antipatico muro contro muro. I presupposti ci sono tutti, visto che il sindaco della Lega, Andrea Sala, non vuole fare deroghe al regolamento “che – dice – deve valere per tutte le associazioni”. Tradotto: “Non posso permettere che queste spese vengano accollate alla comunità”. Ribadisce: “La regola vale per tutti”. Spiega: “Qui non si parla del pagamento dell’affitto, ma solo delle bollette”. Insomma le spese vive.

La presidente dell’associazione, che oggi, grazie al suo lavoro, è rappresentante lombarda di ‘Sos impresa’, la vede diversamente: “Quando entrammo in via Oroboni – dice – firmammo con il comune  un contratto di comodato gratuito”. Niente spese, punto e basta. In via Oroboni, poi, l’associazione ci rimase poco. “Ci chiesero di lasciarla e ci proposero una stanza in centro”. Pochi metri quadri, sui quali oggi il comune batte cassa. Il 22 novembre 2012, dopo un lungo tira e molla, Maria Grazia Trotti scrive al sindaco “per chiedere di esplicitare in maniera dettagliata e per iscritto le condizioni che l’amministrazione pone all’associazione ‘Vigevano…libera’”. Secca la risposta della funzionaria che invita a pagare le utenze e aggiungere la cauzione. Dopodiché per ottenere un finanziamento dalla pubblica amministrazione viene proposta l’idea di un progetto da concordare con il comune. “Quale progetto? – dice la Trotti – Più che occuparci di racket e mafia”. Il sindaco, però, non sgarra un centimetro. Dice: “Faccia un progettino, magari una giornata in piazza per parlare di legalità, e noi tiriamo fuori i soldi”. Magari una cifra giusta giusta per coprire “le spese delle utenze”.

Il concetto del giovane sindaco del Carroccio è chiaro: “La porta – chiude – per me resta aperta, la signora Trotti venga da me, al posto di lamentarsi ai quattro venti”. Come andrà a finirà resta un mistero. Ma certo questa storia, che potrebbe sembrare piccola piccola, se dovesse concludersi con uno strappo definitivo sarebbe un ottimo segnale per i mafiosi che in zona continuano ad operare e per i quali i segnali spesso sono decisivi.

IL DISOBBEDIENTE

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