Che di quella domanda inizi a non poterne più, lo si capisce subito. Del resto se la sente ripetere quasi ogni giorno: “Presidente, ha deciso quando rassegnerà le sue dimissioni da governatore?”. Sul futuro della Regione Puglia è nato un vero tormentone. Non c’è palazzo del potere o bar di strada in cui non ci si chieda se e quando si tornerà a votare. Tutti col fiato sospeso in attesa che il governatore Nichi Vendola decida quando rassegnare le dimissioni. La politica, da par suo, schiaccia sull’acceleratore. Non passa giorno in cui le opposizioni non approfittino per rimarcare il clima da “ultimo giorno di scuola” che si respira nei corridoi del Consiglio regionale. Ad aumentare il carico ci ha pensato pure Massimo D’Alema, annunciando che con la candidatura alla Camera di Vendola “la legislatura regionale è finita. La cosa migliore è votare il prima possibile”.

All’ultimo tentativo di chiedergli quando traslocherà a Roma, il governatore ha risposto – educato ma piccato – che “consigli non ne accetta da nessuno”. “Rimarrò in Puglia sino all’ultimo momento utile”. Cosa significherà? Le ipotesi si rincorrono a mo’ di gossip. I suoi più stretti collaboratori – che giurano di non aver mai sentito parlare di date – un’idea ce l’hanno. Tutto dipenderà dall’esito delle elezioni. Se il centrosinistra dovesse portare a casa una vittoria netta, le valigie le preparerebbe subito. In tal caso si voterebbe già prima dell’estate. Se, invece, la vittoria dovesse essere risicata – o se dovesse arrivare una sconfitta – piuttosto che dare il proprio placet ad una intesa con il premier Mario Monti, Vendola potrebbe propendere per il restare in Puglia, attendendo il treno per le europee del 2014. Del resto in Europa è a proprio agio, visto che da tempo riveste il ruolo di coordinatore europeo per lo sviluppo sostenibile.

Ma ad attendere la scelta del governatore, sono gli aspiranti successori che, almeno nel centrosinistra, dovranno passare dal tornello delle primarie. I ‘papabili’ iniziano a preferire alla diplomatica risposta (“Sarà il partito al decidere il mio ruolo”) aperture più o meno esplicite. Guglielmo Minervini, assessore ai trasporti della Regione, uomo fidato della prima giunta Vendola è già in campo con Open, l’iniziativa che vuole mettere insieme “le idee migliori dei cittadini che tornano ad essere protagonisti delle scelte”. E loro, i cittadini di Open, il candidato con l’aria dell’anti-leader, lo hanno già scelto.

Più cauto il collega di giunta, Fabiano Amati, assessore alle Opere pubbliche, il cui nome circola già da mesi. Il diretto interessato centellina le parole più accuratamente di un giocatore di scacchi in procinto di fare la mossa decisiva. “Lo snodo delle elezioni politiche non è irrilevante nella decisione. Se dicessi non mi candido – dice Amati – sarei un baro, perché l’ambizione di ogni suddito è diventare re. Ma al contempo sarei presuntuoso se dicessi ora ‘si partecipo’. Nel frattempo, chi vive nell’incertezza, lavora come se lo fosse (candidato n.d.r)”.

A muoversi con estrema cautela è il sindaco di Bari Michele Emiliano. Non c’è pugliese che non sappia che il presidente del Pd regionale scenderà in campo. Ma lui semina indizi, non dichiarazioni ufficiali. Un anno fa presentò la lista Emiliano per la Puglia. Per tutti, il modo per ufficializzare la candidatura alla Regione. Ma non fu così. Perché poi tutto tacque. Più recentemente, quando i democratici hanno vagliato le candidature per il rinnovo del Parlamento, il sindaco s’è defilato preferendo “restare in Puglia”. Ora, pare, stia lavorando alla clemente per preparare il terreno della sua discesa ufficiale.

Strappa il velo del silenzio Massimo Ferrarese, ex presidente della Provincia di Brindisi in quota Udc, sfilatosi all’ultimo dalle liste per il Parlamento. “Non era quello che volevo fare nella mia vita – dice oggi Ferrarese nonostante si fosse dimesso proprio per candidarsi – le battaglie per il mio territorio non potevo farle da deputato eletto con il Porcellum, perché significa essere un deputato qualunque che non può fare nulla di concreto. Se il partito lo vorrà, sarò disponibilissimo a fare le primarie”. E il partito lo vuole. E’ stato proprio il segretario dello Scudo crociato Lorenzo Cesa, a dichiarare che “se Ferrarese dovesse accettare, sarebbe il candidato ideale”. L’Udc, quindi, è pronto per le primarie con il centrosinistra. Bisogna capire se la disponibilità è reciproca. Il toto-nomi già impazza. I partiti scaldano i motori. Ma le bocce restano ferme “fino all’ultimo momento utile”.

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