Il prossimo 2 febbraio si festeggia in tutta Italia il Pasta Madre Day, la festa nazionale del lievito madre organizzata dalla Comunità del Cibo Pasta Madre, associazione di consumatori, agricoltori, mugnai, panificatori e pizzaioli che si impegnano a diffondere la cultura di una filiera del pane e dei cereali sostenibile e di qualità. Ne abbiamo parlato con Riccardo Astolfi, 29 anni, fondatore della Comunità, che da più di 5 anni fa il pane in casa tutte le settimane per gli amici e per la propria famiglia, oltre a occuparsi di alimentazione e agricoltura biologica.

Partiamo dalla base, cos’è la pasta madre?

La pasta madre è un impasto di farina e acqua dove si è già avviata, spontaneamente e naturalmente, una fermentazione da parte di lieviti selvaggi e batteri lattici. Aggiunta quindi a un impasto, al posto del più diffuso lievito compresso (il lievito di birra), è in grado di farlo lievitare per ottenere pani, pizze e dolci. La pasta madre è per sempre, si può conservare tranquillamente in frigorifero anche per più di una settimana, basterà poi rinfrescarla (impastandola con farina e acqua e lasciandola lievitare per qualche ora) e sarà pronta per essere utilizzata per tutti i nostri impasti e per essere regalata a parenti e amici.

Perché è meglio del lievito di birra?

Per l’enorme complessità della sua flora batterica, in grado di apportare al pane un gusto più aromatico, complesso e saporito, e una digeribilità molto più elevata. I tempi più lunghi di lievitazione, infatti, così come la presenza di diversi ceppi di microorganismi, compiono una pre-digestione dei nutrienti (amidi e proteine) dei cereali e delle farine, lavorando quindi per noi e per il nostro intestino! I pani preparati con pasta madre, inoltre, si conservano più a lungo, anche per una settimana (se non lo finiamo prima!).

Dove possiamo trovarla?

La pasta madre non è in vendita. La pasta madre è viva, e appartiene alla nostra storia e alla nostra tradizione. Non ha un costo (non è altro che un pugnetto di acqua e farina) ma ha un valore incredibile, che si innalza nel gesto del dono. Regalare la pasta madre ai propri parenti, amici, ma anche – e soprattutto – agli sconosciuti, è un gesto che può farci sentire molto meglio, così come un segno di ottimismo, speranza e reazione per il futuro. Il nostro sito offre un servizio gratuito di mappatura degli “spacciatori” di lievito madre. Il prossimo 2 febbraio, inoltre, al Pasta Madre Day, con oltre 80 eventi in tutta Italia, regaleremo più di 5mila “dosi” di lievito madre!

Ma in pratica come si usa?

A livello di procedimento fare il pane con la pasta madre non è molto diverso rispetto a come siamo abituati a fare con il lievito di birra. Quello che cambia è il tempo di lievitazione: se utilizziamo il lievito di birra abbiamo un pane pronto in un
paio d’ore, con la pasta madre saranno necessarie almeno 6-8 ore, più il tempo del rinfresco. In sintesi, dopo il rinfresco: l’impasto della pasta madre con acqua e farina, per ridarne vitalità e aumentarne il volume, si fa lievitare per almeno 4 ore a temperatura ambiente. Successivamente, un pugnetto della pasta madre rinfrescata verrà conservata in un contenitore in frigorifero per le prossime panificazioni, mentre con la restante potremo impastare il nostro pane, aggiungendo quindi alla pasta madre rinfrescata altra acqua, farina e i condimenti che più preferiamo: sale, olio, semi, spezie, frutta, ecc… A questo punto faremo lievitare di nuovo per almeno 5-6 ore, finché il nostro impasto non sarà raddoppiato. Formeremo poi le forme del nostro pane, lo faremo riposare un paio d’ore e infine cuoceremo in forno.

Perché una giornata dedicata al lievito madre?

In un momento storico come questo, dove si continua a parlare di crisi e recessione, dove le famiglie non arrivano alla fine del mese e le attività commerciali chiudono (anche i panifici), il Pasta Madre Day si propone come un momento di risposta e di reazione. Ritornare a questi gesti (il fare il pane, il donare, lo scambio) e riscoprirne la semplicità ci porta a reagire nei confronti di un’economia che ci vuole sempre più (e solo) consumatori, e non produttori. Fare il pane in casa è un gesto simbolico. È come urlare a tutti: “Noi ci siamo, noi siamo qui. Siamo esseri pensanti, amiamo la nostra vita, la nostra terra”. È farsi delle domande, sempre più indietro nella filiera del nostro cibo. Attraverso l’autoproduzione, infatti, sia del pane che di altri alimenti, il consumatore diventa più consapevole sui processi di produzione del cibo e sulla scelta e la qualità delle materie prime. E un consumatore più consapevole è davvero in grado di indirizzare, con le proprie scelte, l’economia locale e globale.

di Natascia Gargano

www.puntarellarossa.it

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