“Sarà un Mondiale costruito sullo sfruttamento e sull’abuso della forza lavoro migrante” è scritto in un rapporto di Human Right Watch che sarà disponibile da domani nella parte che riguarda i Mondiali di Calcio 2022 in Qatar. Secondo l’associazione umanitaria, la forza lavoro proveniente da India, Nepal, Pakistan e altri paesi del sudest asiatico, sopravvive in Qatar in condizioni prossime alla schiavitù: con paghe basse, ammassata in bidonville costruite ad uopo, senza acqua corrente e ventilazione, e costretti a lavorare senza le minime tutele di sicurezza né assistenza sanitaria. Il tutto per la gloria di uno dei paesi più ricchi al mondo – grazie agli enormi giacimenti di petrolio e gas naturale – e per il piacere del pubblico televisivo di poter assistere ai primi Mondiali di calcio giocati a 50° all’ombra, in nuovi stadi fantascientifici e architettonicamente superlativi.

I migranti, che sono stimati in oltre 1.2 milioni (l’88% della popolazione dell’emirato del Golfo persico), sono soggetti alla legge del kafala, che li obbliga a essere di proprietà del loro datore di lavoro. Come novelli servi della gleba non possono cambiare mestiere senza il consenso del datore di lavoro né lasciare il paese, dato che come accusa HRW i passaporti sono loro confiscati al momento dell’assunzione. “In Qatar il traffico di esseri umani e le condizioni di lavoro prossime alla schiavitù sono un problema gravissimo. Mancano i requisiti minimi richiesti dalla Fifa per l’assegnazione di una manifestazione” scrive l’associazione. Mentre Sarah Burrow, portavoce del sindacato internazionale ITUC, utilizza senza remore il termine “schiavitù moderna”. E accusa: “Saranno più i migranti morti sul lavoro nella costruzione degli stadi che non i giocatori che parteciperanno al Mondiale”.

Accuse pesanti e circostanziate, che richiederebbero da sole l’immediata revoca dell’assegnazione dei Mondiali 2022 al Qatar. E che si aggiungono al dossier Qatargate pubblicato ieri dalla rivista France Football, che evidenzia tutte le malefatte e le corruzioni nascoste dietro l’assegnazione dei Mondiali al Qatar. E punta il dito contro il presidente della Uefa Platini, l’ex presidente francese Sarkozy e il potentissimo emiro Al Thani, il grande manovratore dello scacchiere geopolitico mediorientale. Nulla di nuovo sotto il sole, solo un riepilogo di elementi noti di cui anche ilfattoquotidiano.it si è già occupato in più occasioni. Nelle 15 pagine del dossier in edicola si racconta della riunione della Caf sponsorizzata dal Qatar per avere accesso esclusivo ai delegati africani e della tentata corruzione degli aventi diritto di voto, dall’Asia al Centroamerica.

Si fa conto della strana amichevole disputata a Doha tra Brasile e Argentina un mese prima del voto per l’assegnazione dei Mondiali, per cui le due federazioni hanno ricevuto un compenso di 7 milioni ciascuna. E si ricorda quella che è la pistola fumante di tutta la vicenda: la famosa cena a tre, prima smentita e poi ammessa, avvenuta all’Eliseo nel 2010 tra Sarkozy, Platini e il figlio dell’emiro Al Thani. Consesso in cui si è discusso degli investimenti qatarioti nel calcio francese, dall’acquisto del PSG a quello dei diritti televisivi tramite Al Jazeera. Poi si fa notare come, giusto un anno dopo la cena, il figlio del presidente della Uefa, Laurent Platini, abbia cominciato a lavorare per la Qatar Sports Investments, il braccio sportivo del fondo sovrano del Qatar gestito dallo stesso figlio di Al Thani.

Tutto già scritto, ma a Platini brucia tantissimo che il j’accuse arrivi dall’interno delle mura domestiche. E ora trema davvero. E’ evidente il cambio di passo transalpino: caduto Sarkozy, al boss della Uefa vengono a mancare gli appoggi e le coperture politiche di cui ha goduto fino a ora. E così Platini parte al contrattacco e in una nota ufficiale della Uefa scrive: “Credere che il mio voto sia stato conseguenza di un accordo di scambio di favori fra lo stato francese e il Qatar è pura speculazione e compromette solo chi scrive queste menzogne. Non escludo di portare in tribunale tutti coloro che mettono in dubbio la mia integrità in questa votazione”. Come se fosse un Lance Armstrong qualsiasi, messo alle corde, in attesa di una confessione in lacrime davanti alle telecamere di una seguitissima trasmissione televisiva.

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