Ospito sul mio blog un contributo di Marco Pagani, classe 1960, fisico e docente di Matematica e Fisica. E’ anche Consigliere Comunale a Novara dal Giugno 2011. Ha tenuto fino a poco tempo fa il blog “Ecoalfabeta” e ora scrive sul “Ecoblog”. Il post che segue lo ha scritto espressamente per “Il Fatto Quotidiano” per diffondere il più possibile il pericolo di una rapida e irreversibile ascesa della temperatura globale che i grandi progetti di estrazione di combustibili fossili stanno generando.

(Immagine da “Greenpeace.org”).

La dipendenza dell’umanità dai combustibili fossili sembra non avere mai fine: dopo aver estratto e bruciato il greggio e il carbone di migliore qualità, l’appetito delle multinazionali si sta rivolgendo verso le fonti più “sporche”: petrolio “sour”, oli di scisto, e sabbie bituminose (foto in alto).

Greenpeace prende in considerazioni i 14 più grandi progetti di sfruttamento fossile a livello planetario e stima che se verranno realizzati tutti, entro il 2020 le emissioni di CO2 potrebbero aumentare di oltre 6 miliardi di tonnellate, il 20% in più rispetto alle 31 Gt del 2011.

Una prospettiva terribile, che potrebbe portarci oltre il punto di non ritorno, spingendo il clima del pianeta verso un aumento letale di temperatura intorno ai 5-6 °C.

Il carbone in particolare detiene la parte del leone delle possibili emissioni con 3 miliardi di tonnellate.

Perché permettere che una manciata di governi e di compagnie petrolifere decidano del futuro dell’umanità? Non siamo forse il 99%? E’ bene iniziare a capire chi intende compiere queste devastazioni, per dissociarsi progressivamente e boicottarne prodotti e servizi.

I quattro progetti di maggiore impatto ambientale sono localizzati in

Cina: aumento della produzione di carbone di 620 Mt entro il 2015, con emissioni per 1400 Mt CO2 (quanto quelle dell’intera Russia)

Australia: oltre 760 Mt di Co2 all’anno per l’aumento delle esportazioni di carbone, più di tutte le emissioni per i consumi interni

Usa: 700 Mt di emissioni associate con le estrazioni di carbone (420 Mt) e di olio di scisto (280)

Artico: la fusione della calotta polare potrebbe permettere trivellazioni per greggio e gas, con emissioni associate di 520 Mt nel 2020 e 1200 Mt nel 2030.

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