Te lo ricordi il 25 agosto del 1999?

È il giorno in cui sei arrivata in Italia. Viaggiavi in nave, sei sbarcata al porto di Ancona e da lì sei salita sul treno che ti avrebbe portato a Bologna, la mia città.

Il porto di Ancona non ha nulla di magico né di leggendario, niente in confronto a quello che mi sta davanti agli occhi in questo momento, il Vieux Port di Marsiglia, oggi, 25 gennaio 2013, un bel pacchetto di anni dopo.

Eri venuta a Bologna per inseguire la vita, io da Bologna sono venuto a Marsiglia per raccontare la tua morte. Ti sembrerà bizzarro e un po’ contorto, ma fammi andare avanti e alla fine capirai.

Poco meno di due mesi prima del tuo sbarco, il 1° luglio 1999, Giorgio Guazzaloca s’insedia sulla poltrona di sindaco di Bologna. Ha battuto al ballottaggio Silvia Bartolini, la candidata della sinistra impallinata dal suo stesso bacino elettorale che non ha creduto in lei, al punto da consegnare la città al “nemico”. Guazzaloca è il primo sindaco non comunista della città, per molti è una ferita che non si rimarginerà.

In realtà, i cinque anni del suo governo non avranno niente di demoniaco, sceglie un profilo che più basso non potrebbe essere, si limita a far funzionare una macchina sufficientemente oliata per andare da sola, senza bisogno di un pilota. Sposta un paio di monumenti (la statua di san Petronio nello spazio antistante le due Torri, e quella di Ugo Bassi nello slargo all’angolo della via omonima con Nazario Sauro), in entrambi i casi ha ragione perché l’integrazione con l’arredo urbano è corretta. Se guadagna punti con l’arte classica, precipita con quella contemporanea: le cosiddette Gocce di Mario Cucinella, la porta d’ingresso alla sottostante galleria eBo, dedicata ai progetti di rinnovamento della città, piacciono poco ai bolognesi e diventano un obiettivo politico per l’intellighenzia progressista di nome e conservatrice di fatto, tanto che il loro smantellamento sarà programma politico del candidato alla successione, Sergio Cofferati, nonché il suo primo atto una volta eletto, uno dei pochi che si faranno ricordare nella storia del suo mandato.

Bologna, città medievale, ha sempre avuto problemi con la modernità, in particolare con l’architettura. Il quartiere fieristico disegnato da Kenzo Tange è la sola eccezione. Pochi rimpiangono la mancata esecuzione della stazione progettata da Ricardo Bofill. È stato in quel no che Bologna ha scelto il destino di città provinciale, marginale nonostante l’invidiabile posizione geografica. È stato in quello stesso no che Bologna ha dimostrato di produrre una classe intellettuale incapace di sposare progetti, ma utile soltanto a operare dei distinguo, spesso risibili, comunque in linea con quell’antimodernismo reazionario che sotto le Due Torri va per la maggiore. È in quel no che Bologna da città che era è diventata la cittadella che camminiamo ogni giorno, bella da morire, inutile da spezzare il cuore.

Meno di un anno e mezzo dopo il tuo arrivo in città, il 16 dicembre 2000, Bologna ospita lo scrittore statunitense Don DeLillo, il più autorevole rappresentante della letteratura internazionale. A DeLillo è conferito il premio “Riccardo Bacchelli” per Underworld, un romanzo uscito negli Stati Uniti nel 1997 e pubblicato da Einaudi nel 1999. È stato Giorgio Guazzaloca a voler istituire, nell’ambito delle manifestazioni dedicate a “Bologna, città europea della cultura”, un riconoscimento dedicato alla figura di Riccardo Bacchelli, scrittore dall’esistenza travagliata che ha vissuto gli ultimi anni grazie ad aiuti e sovvenzioni.

La giuria è ampia e ben rappresentata, in finale DeLillo surclassa Pontiggia e Yehoshua. Per molti, me compreso, l’arrivo di DeLillo in città significa che Guazzaloca o non Guazzaloca Bologna è ancora una città viva, capace di raccogliere gli stimoli più importanti della contemporaneità. Cadiamo nel tranello facile del nome altisonante, ce ne accorgeremo presto. DeLillo non si pone gli stessi nostri problemi, arriva a Bologna, sta bene, mangia, passeggia, riceve gli ottanta milioni di lire che fanno del Bacchelli il riconoscimento letterario più ricco d’Italia e se ne torna da dove è venuto, lasciandoci irrimediabilmente più soli.

Il Premio internazionale Riccardo Bacchelli sarà vinto due anni dopo da Frank McCourt, poi se ne perderanno le tracce, come molte cose a Bologna.

Tu ti chiami Entela Agaci, venivi dall’Albania, ti sei fermata qui. Il 16 dicembre 2000, mentre DeLillo riceve il premio, il tuo cadavere giace sotto alcune frasche, ha cominciato a marcire in attesa che qualcuno lo ritrovi. Sei morta da più di venti giorni, i topi hanno cominciato a rosicchiarti le carni. Questa è la tua storia, la storia che ti racconterò qui a Marsiglia, in questo anno in cui è città europea della cultura, proprio come Bologna allora.

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