Sapete com’è andata la storia della candidatura elettorale di Mauro Moretti, l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato? L’ho chiesto in un dibattito ad Andrea Orlando, responsabile giustizia dei Democratici: io non voterei mai, gli ho detto, un partito che candidasse la Gelmini, la ministra che ha tentato di distruggere l’università pubblica; ma allora, perché dovrei votarne uno che candidasse Moretti, il quale sta facendo lo stesso con i trasporti pubblici? Dopo un attimo di imbarazzo, Orlando mi ha risposto didatticamente, come si fa con i bambini, che la notizia della candidatura nel Pd era del tutto infondata; in una lista di candidati c’era una Moretti, qualche giornalista l’ha scambiata per l’ad delle ferrovie, tutto qui. E poi, ha concluso sadicamente, ve lo immaginate uno con lo stipendio di Moretti che si mette a fare il semplice deputato?

Il deputato no ma il ministro dei trasporti sì, avrei voluto rispondergli: ma chi mi legge sa quanto sono buono. Mi ero quasi dimenticato della cosa quando apro un periodico — non dico quale sennò le redattrici del Fatto mi linciano — e leggo un articolo di Piero Ottone su un suo, di Ottone, viaggio in treno. Perché non si pensi che ho qualche ragione di ostilità nei confronti dell’ex direttore, dico subito che l’ho incontrato di persona solo una volta, e l’ho trovato delizioso. Sempre vestito come un gentleman inglese, gran conversatore, l’uomo porta con eleganza la sua passata grandezza; certo, da decenni scrive soprattutto degli argomenti che conosce meglio, le barche e i cocktail: ma stavolta, bisogna ammetterlo, ha voluto cimentarsi con un argomento tosto, le ferrovie.

In sintesi, pare che, dopo anni, il Nostro abbia preso un treno: e già questa sarebbe una notizia, se non fosse che a Milano è difficile arrivarci in barca. Dalla sua sommaria descrizione, direi che ha preso un Eurostar e ha viaggiato in prima classe: ma, pure qui, c’erano pochi dubbi. La cosa notevole, invece, è che tutte le esperienze incontrate da chi vive sui treni, come il sottoscritto e come tutti i pendolari, in Ottone si ritrovano considerate con il superiore distacco dell’uomo di mondo: mica come me, che non ho fatto il militare a Cuneo ma solo il ricercatore in Calabria. Treni soppressi o abbandonati nelle steppe? Macché, lui ha avuto solo dieci o venti minuti di ritardo. Temperature oscillanti fra il freezer e il forno crematorio? Ma no, «ho detto a mia moglie, vedrai, la nostra vettura sarà un po’ troppo calda o un po’ troppo fredda». Come la soupe aux oignons, uguale.

Nella sua testimonianza, chiamiamola così, ho riconosciuto soltanto la gentilezza dei ferrovieri: i primi a vergognarsi quando Fs tratta i pendolari come merdacce, figuriamoci se poi incontrano un gentleman come Ottone. Il quale infatti conclude: «Sistemato in una vettura con la temperatura conveniente, ho infine detto al ferroviere, bonariamente: “Dite all’ingegner Moretti, vecchio amico, che invece di inseguire l’alta velocità…”». Ah, ecco. In effetti, il periodico titola «Commovente viaggiare sul treno che funziona», aggiungendoci di suo una foto di Moretti che sorride, come uno squalo con il berretto da ferroviere. Commovente davvero. Sarà che sto viaggiando su un Eurostar per pagare il quale ho dovuto chiedere un mutuo, ma non posso fare a meno di chiedermi perché un articolo così non lo chiedono a me, invece che a Piero Ottone. Un giorno, forse, ci scriverò su un romanzo, rispetto al quale Papillon sembrerà un libro per educande.

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