Sono arrivati addirittura da Porto Torres e Marghera, sperando di riuscire a conservare il posto di lavoro mentre Vinyls affondava. A Ravenna hanno trovato la speranza per un’azienda che sembrava, pur tra mille difficoltà, ripartire. Ora arriva l’amara constatazione: la ex Vinyls non ce la fa, tra debiti, cause con i fornitori, accuse alla politica nazionale e all’orizzonte la possibilità di un concordato fallimentare. “Parlare con gli operai? Hanno tutti il morale sotto i piedi – spiega Stefano Perazzini della Femca-Cisl – Sono sfiniti, hanno già vissuto sulla loro pelle un fallimento, ora si sta ripetendo tutto da capo, col Ministero che non risponde alle nostre richieste”. Quello che sta succedendo è che i 54 operai, senza più garanzie di pagamento dello stipendio da inizio anno, stanno lavorando gratuitamente per mantenere in sicurezza gli impianti chimici. “Anche se la produzione si è interrotta questo tipo di stabilimento non può essere lasciato a sé stesso, altrimenti potrebbero esserci problemi ambientali anche seri”.

La storia della ex Vinyls di Ravenna inizia nell’ottobre 2011, dopo una vertenza sindacale lunghissima. Due anni di battaglie, il passaggio dell’azienda agli amministratori straordinari nominati dal Ministero delle attività produttive e alla fine l’acquisto degli stabilimenti ravennati da parte di Co.Em, del gruppo varesino Industrie Generali (Igs). All’epoca sembrava una grande vittoria: la Co.Em , tra promesse di ritorno alla piena produzione, veniva presentata come la salvatrice dell’unico stabilimento industriale italiano per la produzione di Pvc. Le prospettive sembravano esserci, e dopo tutto il tessuto industriale di tutto il nord Italia è da sempre affamato di pvc. Questa estate, di colpo, lo stop che nessuno si aspettava.

“Senza cloruro di vinile (cvm) non si può fare il pvc – spiega l’assessore alle attività produttive di Ravenna, Massimo Cameliani – e nessuno al ministero si è preoccupato, al momento della vendita, di assicurarsi che ci fossero accordi scritti tra fornitori e Co.Em. Ci è stato detto solo che c’era una prassi consolidata con la francese Archema”. Quello che è successo è che Arkema ha venduto il ramo d’azienda che si occupa di cvm agli statunitensi di Kem One. “Gli americani hanno rifiutato tutti gli incontri col ministero e con la nuova proprietà della Co.Em – spiega il sindacalista Perazzini – Anzi, hanno direttamente portato in tribunale Co.Em per un debito da 6 milioni di euro”. Risultato? Nessuna fornitura e blocco totale della produzione dell’unico stabilimento italiano in grado di produrre pvc.

Avventura imprenditoriale sfortunata? Per il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci le cose stanno diversamente. In una lettera spedita al ministro Corrado Passera il primo cittadino si è detto “sconcertato”, ha chiesto un incontro urgente, e ha fatto notare come sarebbero dovuti essere i commissari ministeriali “a vigilare affinché venisse effettuata una garanzia contrattuale scritta e formale”. I commissari respingono tutte le accuse. “Io non prevedo il futuro – ha spiegato Mauro Pizzigati – Mi sono assicurato che Co.Em fosse seria, avesse un piano industriale credibile e il prezzo di acquisto fosse conforme. Non c’è nessun obbligo per legge di assicurarsi che esistano garanzie contrattuali con i fornitori. Se poi le cose sono cambiate non è certo mia responsabilità”.

Ora l’ex Vinyls di Ravenna è vicina alla chiusura. “Abbiamo fatto di tutto, interpellato il ministro in più volte chiedendogli un incontro e tentando con lettere e appelli di smuovere le acque – spiega l’assessore Cameliani – Passera è rimasto in silenzio, salvo accennare genericamente a trattative. Ma questo è successo mesi fa. Poi più nulla”.

Aspettando la conclusione della causa tra Co.Em e fornitori, agli operai della Vinyls resta solo una mail della proprietà, che ormai comunica unicamente per posta elettronica: “Il giorno 11 gennaio vi saranno professionisti incaricati dalla COEM presso Ravenna, per l’analisi dettagliata dei conti”. La paura delle istituzioni, ovviamente, è che lo stabilimento di Ravenna sia costretto alla chiusura. “L’industria italiana è circondata da multinazionali – conclude Cameliani – Non vorrei si trattasse dell’ennesimo stabilimento che chiude a favore di aziende estere. Questa volta però non si parli di crisi. Le responsabilità ci sono e sono anche politiche. Perché Passera non ci ha più risposto?”

Articolo Precedente

Don Piero Corsi, ma come vengono selezionati i prelati?

next
Articolo Successivo

Pd, da Modena al Parlamento la prima deputata ‘africana’

next