È bastato un cenno con la testa: con quello ieri Silvio Berlusconi, durante un’intervista sulle frequenze radio di Rtl, ha manifestato alla sua interlocutrice una disponibilità a dare un riconoscimento alle coppie omosessuali. Un ermetismo che merita il ringraziamento di tutti coloro i quali (io per primo) senza ulteriori perdite di tempo, hanno già archiviato il suo gesto tra le nausee postume delle abbuffate natalizie: il tempo di un Alka-Seltzer e si dimentica tanto lo zampone quanto lo scatto cervicale del signore di Arcore. 

Purtroppo però – inspiegabilmente – c’è ancora chi crede a Berlusconi, chi cerca nelle sue parole un pensiero diverso da quello che gli ultimi vent’anni di storia repubblicana hanno reso evidente allo sguardo (incredulo) del mondo intero. 

Quindi c’è chi gli risponde, chi lo sollecita, chi cerca di interloquire, chi addirittura chiede chiarimenti. E c’è perfino, tra i suoi fedelissimi, chi inaspettatamente lo corregge. È un po’ come quando il pagliaccio si porta la spalla, l’amico che gli incalza le battute per non farle cadere nel vuoto, tenendo alto il ritmo fino ad esplodere in una grassa risata. Un cenno di testa, comunicativamente,  ha messo tra parentesi anni di insulti omofobici, di politiche intolleranti, perfino l’incubo – ancora attuale – di una Capitale in mano ai neofascisti picchiatore. 

Nessuna parola pronunciata da Berlusconi dovrebbe essere presa al netto di Berlusconi stesso. Figuriamoci se al posto delle parole ci riferiamo ai cenni di capo. Vorrei velocizzare quindi la traiettoria verso il cestino di questa ennesima boutade del Cavaliere, non prima però di averne sottolineato l’unico aspetto utile, ovviamente del tutto accidentale. A poche ore di distanza dalla “dichiarazione” di Berlusconi, sul piccolo schermo appariva il suo antagonista Pierluigi Bersani, segretario del Pd, intervistato da Lilli Gruber.

Sollecitato sul tema delle unioni tra persone dello stesso sesso, Bersani ha ripetuto il suo mantra: importiamo il modello tedesco, cioè un istituto giuridico che la Corte suprema in Germania ha bocciato perché discriminatorio. Un istituto ad hoc per le coppie omosessuali, proprio come aveva fatto intendere Berlusconi con poche parole e un cenno della testa. Insomma, è come se in Alabama, sessant’anni fa, avessero tentato di superare la segregazione razziale istituendo un autobus riservato alle persone di colore, cioè garantendo il diritto al trasporto pubblico senza minimamente affrontare il tema della discriminazione. Alla faccia del progresso.

Ecco: a Berlusconi è bastato un cenno di capo per andare al pari di Bersani ed entrambi, assieme, sono riusciti ad escludere dall’orizzonte delle coppie gay e lesbiche l’uguaglianza, meta ormai a portata di mano per molti Paesi europei, nel Regno Unito addirittura grazie ad un primo ministro conservatore.

Se non ci sarà uguaglianza  nel nostro Paese non ci sarà mai nemmeno l’equità, il condividere tutte e tutti il peso di questa crisi e del colpo di reni necessario ad uscirne. Se questo sarà ancora il Paese degli svantaggiati e dei privilegiati, dei furbi e dei diseguali, continueremo ad essere un mostro ingovernabile, destinato a galleggiare sul baratro. 

Questa è l’unico spettro che ci consegna il pacchetto “Berlusconi-Bersani”, la fotografia di un paese impoverito nel suo prodursi in slanci ideali, incapace di progettare le sue trasformazioni, di porre mete importanti, che motivino il popolo a sognarle come conquiste. Un Paese sterile, in cui o si copiano le leggi sbagliate dei tedeschi o si fa sì col capo. 

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