Il ciclone Giuditta Pini, la studentessa ventottenne dei Giovani democratici che ha scalzato dal Parlamento i vecchi nomi del Pd di Modena, fa le sue prime vittime. Il segretario provinciale del partito, Davide Baruffi, ha infatti rassegnato le sue dimissioni: anche lui era tra i candidati alle Primarie per il Parlamento, ma è arrivato solo quinto, molto probabilmente fuori dalla quota eleggibile. E con lui resteranno a casa altri nomi eccellenti.

“È mio dovere far sì che il problema non si scarichi sul partito: prima di avviare l’importante lavoro per il voto del 24 febbraio, ritengo necessario presentarmi dimissionario alla Direzione che riuniremo nei prossimi giorni”, scrive Baruffi in un comunicato pubblicato nel pomeriggio del primo gennaio 2013. In realtà i risultati definitivi dicono che il segretario ha preso 4 voti in più rispetto alla segretaria provinciale dei Giovani Democratici (7.087 contro 7.083), ma per rispettare il principio delle quote rosa, Baruffi si dovrà fare da parte: “La mia mancata ‘elezione’ (il risultato certificato dai Garanti mi colloca al quarto posto, ma per la giusta regola di democrazia paritaria, che prevede l’alternanza uomo/donna, non deve costituire elemento di divisione tra noi e sono il primo a prendere atto del risultato”.

A pesare sulle dimissioni del segretario democratico è stato il verdetto delle urne che oltre ad escludere lui, numero uno del partito nella terra più rossa d’Italia, ha portato alla sonora sconfitta di due parlamentari uscenti: quella di Mariangela Bastico, senatrice ed ex vice-ministro all’Istruzione con Prodi nel 2006 (4.797 voti) e della presidente della Commissione cultura alla Camera, Emanuela Ghizzoni (5.637 voti). Due esclusioni eccellenti da sommarsi all’exploit di un big renziano come Matteo Richetti (oltre 9 mila preferenze) e alla valanga di voti della Pini, inizialmente data per spacciata. “La mancata elezione del segretario costituisce un esito non traumatico – scrive Baruffi  – trattandosi di primarie vere e aperte, i cittadini erano pienamente liberi di votare chiunque dei candidati. È il metodo che abbiamo scelto e a cui dobbiamo rimetterci tutti, io per primo”.

Ora non è chiaro che cosa succederà. “Il partito deve poter discutere e decidere liberamente come organizzarsi per i prossimi due mesi di campagna elettorale”, spiega Baruffi, che scrive anche che non si tirerà indietro per lavorare in campagna elettorale. “Si determina in ogni caso un problema diverso, politico, nella gestione del partito, che non può essere accantonato”. Il rischio tuttavia per il partitone emiliano è che in provincia di Modena si vada alle elezioni del 24 e 25 febbraio senza una guida organizzativa. La dirigenza potrebbe respingere quindi le dimissioni chiedendo a Baruffi, che comunque è riuscito a portare alle urne il 30 dicembre 28 mila elettori democratici modenesi, di restare in sella, almeno per i prossimi due mesi.

Ma intanto le parlamentarie stanno provocando uno sconquasso nel Partito democratico in un’altra  parte d’Italia: in Umbria sono arrivate con “effetto immediato” le dimissioni del segretario regionale Lamberto Bottini, che fra i sette candidati di Perugia ha ottenuto il sesto posto.

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